L'eleganza è un sussurro che dal cuore passa all'anima per poi guidare i gesti del corpo. Lo si capisce molto bene all'inizio della sfilata di Ermanno Scervino con le modelle che sembrano danzare sulla classica musichetta evocativa della suspance dei film di Hitchock. Magistralmente fasciate in tailleur, cappottini o redingote di flanella grigia, un foulard di visone in tinta sui capelli e ai piedi le scarpe con tre cinturini sul malleolo, le ragazze hanno lo stesso impeccabile aplomb delle eroine del grande Hitch: Kim Novak, Tippi Hedren, Grace Kelly e Ingrid Bergman. Il bello è che non c'è proprio niente di retrò in questa collezione, lo stilista stesso sostiene di aver lavorato su un'idea di maschile al femminile e sulle opposizioni materiche di pelle e angora, duri cristalli e morbido mohair. Il risultato è sensazionale: una moderna creatura molto classica e molto sicura di sé che non ha certo bisogno di urlare per affermare certezze di eleganza come le sinfonie tra grigio, tessuti maschili e tagli sartoriali; il velluto di seta rosa-illusione per la sera; la pelliccia di cavallino stampato a leopardo. Tomas Maier trascina la donna di Bottega Veneta nelle pieghe della perfezione con un lavoro sui tagli e sulle proporzioni degno di Edward mani di forbice. La sfilata comincia con un sublime cappotto a pieghe nero, prosegue con il bellissimo tailleur dalla baschina a petali, poi arrivano i tubini con una sorta di ricamo pieghettato sul fil coupè, quelli con mille foglie di tessuto su spalle e schiena, oppure le gonne con pieghe a cannone. Tutto è tagliato al vivo. Colori e accessori sono come sempre divini. Insomma non è un caso se le performance economiche del marchio sono grandiose. Se nella vita ci si può concedere un solo giaccone blu, speriamo sia di Jil Sander perché nessuno sa farli bene come lei. Tutto il resto è un sapiente gioco di costruzioni tra lembi di tessuto semplicemente accostati e abbinamenti cromatici come antracite e petrolio, marrone scuro e blu, nero e una sola striscia d'oro. Peccato le scarpe così grosse e sgraziate che un po' distolgono dall'eleganza sussurata fatta per il cuore. «Sono comodissime» dice Eva Cavalli delle scarpine con punta di metallo e tacco da 11 centimetri pronte per le modelle nel backstage. Intanto suo marito Roberto racconta del nonno pittore della corrente dei Macchiaioli che aveva visto in lui l'istinto artistico «Mentre io - dice - mi son messo a far vestiti e a volte mi chiedo perché».
Potremmo rispondergli noi: perché è bravo e pochi hanno come lui senso del colore, gusto della decorazione, amore per la manifattura artigianale. Sarebbero quindi bastati i sensazionali capi dipinti a mano uno per uno con grandi fiori in bianco e nero per raccontare una poesia di seduzione. Invece la rilettura un po' troppo didascalica del punk sul finale della sfilata e l'andatura sbilenca delle ragazze in passerella toglie un po' smalto all'immagine: un urlo che non produce l'eco dell'arte.
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