Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo, ma ognuno può ricercare la felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo» (Immanuel Kant)
Carissimo Veneziani,
ho letto con grande attenzione il suo editoriale dal titolo Macché civiltà - La legge pro gay è solo illiberale, così come Disonora il padre e la madre del 9 giugno scorso, ed è per questo che ho deciso di risponderle iniziando col citare una frase di Kant che ritengo possa essere un ottimo spunto per il dibattito che sta animando le coscienze di tutti, le unioni omosessuali, l'omofobia, la transfobia e tutto quanto connesso ai diritti gay.
Ci sono molteplici prospettive confliggenti, ognuna delle quali profondamente legittima. Mi onoro di essere parte di un partito d'ispirazione liberale, di centrodestra, nato in un momento storico eccezionale per la vita politica italiana, per rispondere ad un'esigenza di maggiore libertà, economica e civile, dei cittadini. Esigenza, in parte anche per colpa nostra, ancora attuale. Ma la legge italiana è regolata da principi, non di coscienza personale, arbitrari o variabili, bensì da principi scritti nella nostra Costituzione dove, senza alcuna possibilità di fraintendimento, la tutela dalle discriminazioni è sancita dall'articolo 3, primo comma: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Ovvio che se i cittadini italiani fossero così rispettosi del dettame costituzionale non ci sarebbe bisogno di affrontare questa tematica perché a nessuno verrebbe mai in mente di offendere, giudicare, o semplicemente sbeffeggiare, un'altra persona a causa delle proprie preferenze sessuali. Ma purtroppo non è così. Ed ecco che si rende necessario l'intervento del legislatore. Forse lei ha ragione nel ritenere che questa proposta di legge non sia la migliore che potessimo realizzare ma le vicende omofobiche che si stanno tristemente susseguendo nella cronaca italiana impongono non solo una riflessione, anche, e soprattutto, una presa di posizione. Sono fermamente convinto, da sempre, che la politica, quindi la legge, quindi lo Stato sia chiamato a regolare la vita dei cittadini affinché si possano creare le migliori condizioni di vita possibile. Difficilmente, a mio avviso, ciò può essere realizzato attraverso negazioni, moratorie o silenzi. La sintesi perfetta tra le più disparate convinzioni sarà difficile se ci lasciamo distrarre da impostazioni estremiste.
Io non ho due precise ragioni per rispondere a quanto lei ha scritto ma una domanda che ne riassume milioni: perché no?
Troppi «no» aleggiano nelle sale della Camera, del Senato, dei ministeri, perché lo sforzo politico in tema di diritti civili è maggiormente orientato verso una negazione piuttosto che un riconoscimento?
Essere gay in Italia, oggi, non è uguale ad essere gay in Svezia, in Francia o in Germania. Eppure ci siamo riempiti la testa per mesi con la frase «ce lo chiede l'Europa». Ho di fronte a me una cartina geografica che evidenzia gli Stati del continente europeo in cui esiste, per costituzione o come norma di diritto penale, una legge contro le discriminazioni omofobe. Beh, ne mancano tre, una è l'Italia, possibile? A parer mio, no. L'Italia è al penultimo posto secondo la graduatoria Ue nel garantire la libertà di gay, lesbiche e transgender avanti solo alla Bulgaria.
Caro Veneziani, lei pensa che io sia favorevole all'adozione da parte di coppie gay a discapito di una mamma e di un papà? Beh non è così, ritengo solo, nell'interesse di un bambino abbandonato, che sia meglio per lui ricevere il bacio della buonanotte da due mamme o da due papà piuttosto che il niente di un orfanotrofio.
In altri termini ero contrario alle quote rosa, si può immaginare, le trovavo vagamente ghettizzanti ma, dato che non si è riusciti a dare una soluzione in termini di comunità, ben vengano le quote rose e che siano regolate e rispettate al meglio.di Giancarlo Galan, deputato Pdl
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