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Le scuse tardive di Maroni: "Mai un giornalista in galera"

Il segretario della Lega giustifica il sì dei suoi al ddl diffamazione che ripristina il carcere: "È stata una provocazione in buona fede, ma non ho dato l’ordine di schierarsi a favore"

Le scuse tardive di Maroni: "Mai un giornalista in galera"

Milano Onorevole Roberto Maroni, con un emenda­mento della Lega martedì il Senato ha votato il carcere per i giornalisti.

«È stato solo un errore. Ma fat­to in buona fede».

Vorrà mica dire che per un vostro sbaglio, chi scrive può andare in galera?

«Nessuno andrà in galera. La libertà di stampa e di opinione sono nel dna della Lega».

Con quell’emendamento in prigione ci si va. Eccome.

«Adesso la legge prevede la re­clusione fino a sei anni, con quell’emendamento solo un anno. Significa che il carcere è escluso».

Allora la Lega vuole il carce­re fino a un anno.

«No. Niente carcere per nes­sun reato di opinione, perché siamo noi della Lega i primi a es­sere stati colpiti duramente per questo: io sono ancora indaga­to, Umberto Bossi ha condan­ne per diffamazione».

Allora spieghi che cosa è suc­cesso martedì al Senato.

«Avevo spiegato al capogrup­po Federico Bricolo che la no­stra posizione era assolutamen­te contraria al carcere».

Hanno votato il contrario. I senatori non la ascoltano?

«In commissione c’èstato un corto circuito perché il senato­re della Lega Sandro Mazzator­ta si è accorto che dal testo era­no state cancellate le norme a tutela del diffamato».

E per vendetta mandate in carcere i giornalisti? Magari perché vi hanno preso con le mani nella marmellata.

«È stata una provocazione».

Una provocazione sulla pel­le di chi, come il direttore Alessandro Sallusti, in carce­re ci sta per andare davvero.

«Nessun giornalista deve an­dare in carcere».

Le dichiarazioni di voto del­l’ex ministro Roberto Castel­li non dicevano così.

«Assicuro che è stata una pro­vocazione fatta in buona fede».

Le ripeto che c’è qualcuno che rischia il carcere.

«Con il voto segreto, l’emen­damento è stato usato da chi vo­leva affossare la legge».

Una legge nata per togliere il carcere ai giornalisti e che ora, grazie all’emendamen­to della Lega, prevede il car­cere per i giornalisti. Non le sembra assurdo?

«Il nostro è stato un errore fat­to in buona fede».

E lei non ha fatto niente per evitarlo?

«Io avevo parlato con Brico­lo, quello che è successo è asso­lutamente contrario alle mie in­dicazioni ».

Non è stata una bella pagina per la Lega.

«Un pasticcio. Solo una pro­vocazione sfuggita di mano».

E adesso?

«A Bricolo ho ribadito che sia­mo contrari al carcere, ma dob­biam­o rafforzare le misure a tu­tela del diffamato: niente prigio­ne, ma sanzioni a chi non rettifi­ca immediatamente».

Adesso non c’è più tempo. Per colpa vostra la legge ri­schia di affondare. E Sallusti di andare in prigione.

«Il tempo c’è.Nella conferen­za dei capigruppo abbiamo ap­poggiato la richiesta del presi­dente Gasparri di mantenere in calendario il provvedimento sulla diffamazione anche la prossima settimana».

Il tempo è poco. Si dice an­che che ormai non ci sia più il clima politico giusto.

«Volendo si può fare».

Il direttore Sallusti ieri ha scritto parole di fuoco: vi ha dato degli ipocriti.

«Capisco lo sfogo, ma non è proprio vero che io abbia dato quell’ordine».

Difficile da credere, la Lega è un partito disciplinato.

«L’indicazione era precisa, ma capita di sbagliare. Capita anche ai giornalisti. O no?».

Quindi lei non vuole Sallusti in galera?

«Ma se gli ho mandato anche il mio libro con dedica in segno di amicizia. Ad altri direttori non l’ho mandato».

E quindi?

«Mi spiace per questo inci­dente. Ma assicuro che non c’è alcuna volontà persecutoria».

Proprio nessuna?

«La Lega sarà sempre per la li­bertà di stampa e di parola».

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