RomaTira e molla da mesi, la chiusura delle liste per le Comunali di primavera si avvicina ma su Verona, al momento il più caldo fronte bellico leghista, non c’è una decisione. Tosi vuole andare al voto con una sua civica (c’è già il logo, quello del 2007) appoggiata dalla Lega ma distinta, però c’è un piccolo dettaglio, Bossi non è d’accordo. Niente di nuovo, ma periodicamente la polemica riscoppia. E mentre nel Carroccio sono sopite (addormentate, non risolte) le beghe alla Camera, grazie al distacco da Berlusconi e la battaglia contro Monti che è condivisa da tutti, lo scontro si sposta sul locale, in primis il Veneto, ma subito dopo la Lombardia (mentre in Piemonte è stato rieletto segretario Roberto Cota, senza problemi). Il nodo più urgente è quello di Tosi. Il capo ha ribadito la linea: «Se fa una lista sua, Tosi si mette automaticamente fuori dalla Lega». Il sindaco di Verona vuole la lista sua non per protagonismo, ma per raccogliere - con sondaggi fatti vedere a Bossi, incontrato in via Bellerio - anche i voti dei veronesi non leghisti, dunque una riconferma sicura.
Il no arriva dal capo ma soprattutto dal suo luogotenente veneto, Gian Paolo Gobbo, segretario della Lega veneta e nemico di Tosi. Perché il capo dei leghisti veneti mette il veto sulla lista Tosi? Il sospetto dei maroniani e tosiani è che la ragione vera vada cercata nel congresso nazionale veneto che dovrà tenersi entro giugno, e che dovrà eleggere il nuovo segretario regionale («nazionale» in linguaggio leghista). Se Tosi dovesse stravincere le comunali con una lista sua, avrebbe la strada spianata anche per la segreteria veneta, e questo non lo vuole Gobbo ma neppure Bossi, che non ama «quelli che fanno casino», come disse una volta riferendosi proprio al veronese. Che però ha la maggioranza leghista dalla sua a Verona, dove da qualche giorno - come racconta il quotidiano online L’indipendenza - sono comparsi manifesti di sei metri per tre con lo slogan «Flavio Tosi, il nostro sindaco».
Il veto su Tosi ha dei precedenti nella Lega? Secondo Luca Zaia, altro big veneto, sì, e riguarda proprio lui. Nel febbraio 2002 Zaia iniziò la campagna per la presidenza della Provincia di Treviso con una lista che si chiamava «Zaia», ma quella lista si trasformò poi in «Forza Marca». «Perciò - ha spiegato il governatore leghista ad una tv veneta - il limite posto a Tosi nel nostro movimento non è una novità». Come dire, se non l’hanno fatta fare a me la civica, Tosi si metta l’anima in pace... E nel frattempo non si è trovata ancora una data per il congresso nazionale, ma solo per i provinciali.
Bobo Maroni sta con Tosi, e l’ex ministro è attivissimo in questi ultime settimane, con una media di incontri pubblici da maratoneta. Anche se, tra gli stessi maroniani, il dichiarazionismo di Maroni (su Facebook ma non solo) ha fatto storcere qualche naso. «Commenta tutto, anche troppo - sussurra un maronita al cento per cento - perché parlare sulla Tav? Lo lasci fare al governo. E soprattutto chi gliel’ha fatto fare di spendersi per Davide Boni (il presidente del consiglio lombardo, indagato, ndr)? Metti che poi si scopre qualcosa per davvero?».
Il distacco da Berlusconi ha placato le guerre interne, che ruotavano spesso attorno all’alleanza difficile con il Pdl. Ma Bossi e Maroni restano orientati diversamente su molti dossier leghisti. Uno di questi riguarda l’«uso» di Tremonti, che è amico di Bossi e che il capo guarda come ad un futuro «ministro dell’Economia» leghista, da spendere anche in Europa dove la Lega ha poco appeal. Ma Maroni non è dello stesso avviso, anche perché non vuole un altro galletto nel pollaio leghista (e la maggioranza dei militanti la pensa come lui su Tremonti). Progetti comunque non a breve scadenza, mentre le date ravvicinate sono altre, le amministrative soprattutto. Nella Lega sono convinti di non aver bisogno del Pdl, anche se Bossi si riserva la possibilità di decidere «eccezioni» alla corsa solitaria, e probabilmente non saranno poche.
L’altra scadenza è il congresso della Lega in Lombardia, fissato per il 3 giugno. Il segretario uscente, Giancarlo Giorgetti, al secondo mandato, non è interessato alla riconferma. I nomi in ballo sono due: l’eurodeputato Matteo Salvini e Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia. Altri tre nomi circolano per quella carica: Davide Caparini, Gianni Fava e Giacomo Stucchi (Bergamo). Ma i voti dei delegati provinciali, che si stanno eleggendo in questi giorni e all’80 per cento sono maroniani, dovrebbero convergere sulla sfida Gibelli-Salvini.
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