Lo sfogo di Rosi Mauro: "Io, Umberto e Belsito Ora vi racconto tutto..."

La vicepresidente del Senato espulsa dal partito: "Macché traditrice, continuo a versare la quota Bossi in lacrime e quello là con la scopa: che dolore"

Lo sfogo di Rosi Mauro: "Io, Umberto e Belsito  Ora vi racconto tutto..."

dal nostro inviato a Gemonio (Va)

E così eccolo, finalmente, il «superattico» di Gemonio. Fanno sì e no 50 metri quadri, cucinino soggiorno camera da letto bagno. L’arredamento se non è Ikea ci somiglia. Domando: questo è l’appartamento che mostra ai giornalisti per depistarli sui suoi averi? Rosi Mauro sorride: «E vedesse le due mansardine gemelle in Costa Smeralda che lusso, sarei proprio felice di mostrargliele». Si siede e stappa l’acqua, ché il frigo non è molto vissuto, ci sono solo quella e il limoncello.

Rosi Mauro, la terrona che ha rovinato la Lega.
«L’hanno scoperto nel 2012 che sono terrona. Ma non è che nell’87 fossi nordica, sa? Chi ora dice così, è solo perché non vuol ricordare che cosa ho fatto per la Lega in 20 anni».

E che cosa ha fatto in 20 anni?
«Migliaia di chilometri e di comizi. Ci sono le foto, eppure sembra che io abbia incominciato solo da quando Bossi è stato male nel 2004».

Diciamo che dal 2004 la sua attività si è intensificata, insieme al suo potere
«A intensificarsi sono state le crisi economiche: Umberto mi chiese di portare avanti di più le tematiche del lavoro, in quanto segretario del SinPa».

Parlavo del Cerchio magico, non dei comizi.
«Avessi avuto i poteri magici che mi attribuiscono, forse non ci troveremmo in questa situazione».

Magari avrebbe fatto scomparire Roberto Maroni
«Ecco, Maroni. Anche lui improvvisamente si è accorto che sono terrona, e vuole un capo del SinPa “davvero padano”. Che schifo. Scusi, schifo è la parola che ripeto di più in questi giorni. Non ne trovo altre».

Fanno un po’ schifo anche tutte le vicende legate ai soldi pubblici usati per fini privati, però.
«Io dei conti privati non so nulla. Ma se si riferisce al SinPa, ebbene sì: la Lega lo finanziava, persino la Lega lombarda lo ha finanziato. A volte con più e a volte con meno soldi. Come tutte le altre associazioni padane. E allora?».

Renata Galanti, responsabile dell’associazionismo, dice che ci sono contabilità separate.
«Certo, e ognuna con Statuto autonomo. Ma le donazioni sono previste dalla legge, le fanno tutti i partiti».

La Lega finanziava anche la scuola Bosina di Manuela Marrone, la moglie di Bossi
«E se fosse? Le associazioni, così come la Radio, fanno parte di un progetto politico. E non sono regalie sottobanco, ma donazioni previste dalla legge, ripeto. Al SinPa eravamo nell’ordine di 60mila, 100mila euro, mica milioni. Che c’è di male? Secondo lei come si possono finanziare le iniziative, e come si rimborsano le spese dei collaboratori?».

Lei ha assunto sua nipote.
«Mia nipote ha 34 anni. Lavora con me da quando ne aveva 18. E con ciò? Lo sapete voi giornalisti ce così rovinate le persone? Anche Pier».

Moscagiuro, il suo caposcorta
«È stato scritto che era assunto alla vicepresidenza del Senato, e invece lui è un agente di polizia presso l’ispettorato del Senato. Quando non sarà più il mio caposcorta, dopo questo fango, che cosa farà? Vede, è questo che mi fa schifo. Le mezze verità trasformate in trame oscure, e usate ad arte per costruire una realtà ambigua, e falsa».

E qual è la verità vera?
«La verità sono oltre 2mila euro al mese moltiplicati per 10 anni, per esempio».

Cioè?
«Da quando ero consigliere regionale, come tutti gli eletti leghisti, ho versato la mia quota al partito. Quindi intanto chiariamo che nei soldi della Lega ci sono anche i nostri. E poi la verità è che io per anni non ho preso nemmeno lo stipendio dal Sinpa. Di più: ho vinto un paio di cause, una da 30 e da 50 milioni di lire, che ho speso per il SinPa».

Beh, adesso che è stata espulsa avrà almeno un vantaggio economico
«Scherza? Io continuo a versare la quota»

Perché mai?
«Sono stata eletta con loro. Io non sono una traditrice».

Del resto lei i soldi li ha, ci s’è pure comprata i diamanti
«Ho investito i miei soldi dove ho ritenuto opportuno. Ho scelto anche i diamanti perché l’euro non era conveniente. Come tanti altri».

Su consiglio di Belsito.
«Con Belsito erano solo valutazioni: a cena se ne parlava spesso. Era prima di Natale, si era appena insediato il governo Monti, e chi aveva qualche soldo in banca iniziò a domandarsi che farne, per non farseli mangiare tutti».

Se si fosse dimessa dalla vicepresidenza del Senato come le aveva chiesto Bossi, sarebbe ancora tesserata.
«Sarebbe stata un’ammissione di colpevolezza, e io non ho fatto nulla di male. Mi hanno detto: così potrai difenderti meglio. Ma da che cosa? Da due che parlano male di me al telefono? Davvero può bastare questo a far cadere chi ricopre ruoli istituzionali? Sembra di esser tornati a Tangentopoli. O c’è qualcosa a mia insaputa, oppure...».

Dicono tutti così, «a mia insaputa»...
«Ma si rende conto che non c’è nulla, nulla di illecito che io abbia fatto? Mia madre diceva: male non fare, paura non avere. Io vado dritta per la mia strada».

Bossi cercò di convincerla?
«Mi disse: ti daranno della poltronara. Io ho risposto: fosse vero, a pochi mesi dalla fine della legislatura avrei cambiato casacca. Invece no».

Rosi il capro espiatorio.
«Ho capito che non si sarebbero fermati, anche se avessi lasciato la vicepresidenza, già al Maroni day, quando Bobo disse: alla guida del SinPa vogliamo un padano vero».

Perché la odiano tanto? A Bergamo sventolavano il cappio
«Non lo so. Io vedo meschineria, invidia, cattiveria».

Loro dicono di aver visto lei che cercava di ghigliottinare tutti i nemici, di far quadrato, pardon, cerchio attorno al Capo per non farlo avvicinare a nessuno...
«Ma se non ho mai avuto nemmeno il diritto di voto in consiglio federale! Io non ero nell’amministrazione, non avevo ruoli dirigenziali, non avevo nessun potere di decidere!».

Era commissario in Liguria e in Emilia, e ha usato metodi dittatoriali
«Non ero commissario, ma legato, e cioè a sostegno delle segreterie nazionali. Quanto ai metodi, confesso che ho un brutto carattere e modi spicci. Dico sempre quello che penso. E a chi mi veniva a chiedere di portare istanze a Umberto, dicevo: alzate il vostro culo e andateci voi a farvi mandare a quel paese».

Perché a quel paese?
«Guardi che dopo la malattia è rimasto l’Umberto di prima: non ha mai ascoltato nessuno, né si lascia manovrare, questo lo sanno tutti».

Lei sta riscrivendo la storia.
«Sono loro che l’hanno riscritta, e non capisco perché. C’è qualcosa che mi sfugge».

Anche i traffici di Belsito le sono sfuggiti?
«Con Belsito ho discusso spesso, lo trovavo poco preciso, dispersivo. Ma resto incredula. Del resto, ripeto: non avevo ruoli dirigenziali. Chi li aveva, forse avrebbe potuto accorgersene e agire. Comunque, guardi. Sulla ’ndrangheta alzo le mani: sono allibita. Ma la cartella Family mi fa ridere: secondo lei un parlamentare ha bisogno di fare truffe per pagarsi le spese mediche? Ma per favore».

Bossi però per questa vicenda ha chiesto scusa a Bergamo.
«Ho provato rabbia e fastidio, non dimenticherò mai quella scena: Umberto che si commuove e chiede scusa, quell’altro che saltella con la ramazza. Sono gli altri che dovrebbero chiedere scusa a Umberto».

Ora ci dirà che è stata tutta una manovra di Maroni per prendersi la Lega.
«Sono troppo diretta per fare dietrologie. Non so più nulla. Ma aspetto che le cose vere vengano distinte da quelle false».

Le tangenti di Finmeccanica sono vere?
«Non lo so, non faccio processi, io».

Lei l’hanno processata in Aula al Senato
«Eh, va beh, me lo aspettavo. Il tempo è galantuomo».

Belsito spiava anche lei.
«Sono stupita. Non aveva bisogno di spiarmi: io non ho mai nascosto nulla».

Con Bossi però siete sempre amici.
«Certo».

Sono rispuntate le foto delle vostre vacanze: 1994, Ponte di Legno, in piscina c’è la mano dell’Umberto sulle sue terga.
«Le vidi dal parrucchiere: “Oddio, quello è il mio fondoschiena!”, ah ah. Mi stava spingendo per un tuffo, tutto qui. Con noi c’erano anche mio marito e Renzo e Roberto piccoli. Le tirano fuori ora per poter dire che io non facevo politica. Ma sapesse quanto gossip potrei fare io sugli altri».

Magari farà un libro anche lei, come l’autista Morando.
«Licenziarlo con la motivazione che pare abbiano scritto, e cioè che rispondeva a me e a Manuela, è assurdo oltre che falso: qualunque sindacato lo farebbe riassumere. Ma per me è stato una delusione: era il figlio del mio assicuratore, lo mandai io in Lega, perché il padre da mesi mi chiedeva aiuto per lui».

E ora lui minaccia vendette.
«Come Marmello: se aveva sospetti, doveva andare dai dirigenti».

Ha contattato Belsito, dice, ma non ha ottenuto udienza
«Ho detto dirigenti. Oppure in Procura. Certo non in tv».

È vero che a Roma dopo le sedute al Senato vi riunivate a casa sua la sera, nell’appartamento che ha in uso come vicepresidente?
«La vita in Parlamento è un collegio: l’aula, la cena, tutto sempre assieme. Qualche sera si saliva da me a bere un caffè».

Adesso invece l’hanno isolata?
«Alcuni vengono ancora: c’è chi è rimasto coerente».

Molti amici l’hanno tradita
«Il coraggio non si compra al supermercato».

Federico Bricolo le ha voltato le spalle.
«Sono stata madrina di sua figlia. Mi dispiace che ci sia gente che non mi guarda più in faccia. Io non ho cambiato casacca, loro forse sì...».

Bossi non è venuto alla sua Batelada
«Era in Veneto. Non credo si vergogni di farsi vedere con me, se è questo che intende. Il Sinpa sarà piccolo e guidato da una terrona, ma se oggi le altre sigle sindacali parlano di contrattazione territoriale, è anche merito nostro. E poi Bossi proprio oggi mi ha mandato a dire che ho fatto bene a fare lo stesso la Batelada, perché “quando soffia il vento, bisogna tenere”. Questo farò: barra dritta».

La Lega in questi 20 anni ha scritto una pagina importante della politica italiana. Adesso siete agli stracci. Dove avete sbagliato?
«Io non me ne capacito. Credo sia un insieme di fattori. Non ultimo il cambiamento di alcune persone. Chissà, forse ha ragione Umberto, forse Roma contamina. Io vedo molti atteggiamenti, interni ed esterni, che sembrano riportarci al ’92».

Questa vicenda l’ha uccisa politicamente?
«Chi lo sa».

Dicono che lei stia preparando il grande rientro in Lega.
«Allora sono loro i veggenti! Guardi. Da questa vicenda ho imparato due cose. A essere meno generosa. E a fare le cose un passo alla volta. È stato tutto così veloce e assurdo che ancora sono nella fase in cui tutto mi sembra un incubo: come siamo arrivati qui? Questa non è una battaglia politica, è uno sterminio».

Farà qualche querela?
«Come le dicevo: passo dopo passo, vedremo.

Per il momento sono contenta di essere espulsa, almeno questa guerra la posso osservare da fuori».

Bossi deve ritirarsi dal congresso federale?
«La Lega l’ha fatta lui, non deve farsi da parte. Vuole un bicchiere di limoncello?».

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