Tanto tuonò che alla fine piovve. Non proprio uno tsunami, visto che comunque non provoca l'immediata crisi nella giunta regionale siciliana, ma comunque una bella gatta da pelare per un Pd che, a livello nazionale, di problemi ne ha già abbastanza. È rottura, in Sicilia, tra i democratici e il governatore, eletto proprio nel Pd, Rosario Crocetta. L'ultimo scontro, che va avanti da settimane, è relativo al rimpasto della giunta, chiesto a gran voce dal partito dopo una serie di fughe in avanti del governatore e rimandato al mittente proprio da Crocetta, che da giorni, a suon di «pizzini» su Facebook, non lesina frecciate e accuse agli alleati. Compresa quella di averlo lasciato solo nella lotta contro la mafia.
La rottura praticamente ufficiale si è consumata ieri, con la relazione del segretario siciliano Giuseppe Lupo alla direzione regionale del partito, approvata alla fine a maggioranza con appena sette voti contrari. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il rinvio a mercoledì di un vertice di maggioranza previsto per domani. «Non ci saremo», ha annunciato il Pd. Lupo è andato giù durissimo: «Prendiamo atto che di fatto è il presidente della Regione ad avere preso le distanze dal Pd, e questo ci dispiace molto. In questi mesi lo abbiamo sostenuto con forza e anche in settimana abbiamo proposto un rafforzamento della giunta per aiutarlo a governare meglio la Sicilia che ha tante esigenze. Ora trarremo le giuste conseguenze: non ci riconosciamo più nell'azione del governo che sta commettendo errori gravi, non siamo più vincolati al suo sostengo e saranno gli assessori che si sentono del Pd a trarne le conseguenze. Da adesso valuteremo atto per atto».
Non solo. Torna anche sul piatto la questione del «Megafono», il partito parallelo che Crocetta ha fondato dopo l'elezione a governatore e che alle ultime Politiche è stato concorrente diretto del Pd: « Basta con gli insulti. Chi sta nel Megafono - ha detto il segretario - non può stare nel Pd come ha del resto già decretato la commissione di garanzia».
Crocetta alza il tiro dello scontro e fa spallucce:
«Non sarò il "pupo" di nessuno e non mi farò condizionare da alcuno. Solo il popolo siciliano può domarmi. Lo sappia la direzione del Pd che si va avanti con il programma concordato con i siciliani e scelto da loro».
Contro Crocetta è schierata l'ala bersaniana del partito, mentre i renziani propendono per una linea più morbida. Alla fine, come si diceva, la relazione di Lupo è stata approvata a maggioranza. Ai quattro assessori con tessera Pd - Nelli Scilabra, Mariella Lo Bello, Nino Bartolotta e Luca Bianchi - è stato chiesto di dimettersi. Chi non lo farà, rimarrà in giunta a titolo personale e sarà deferito al comitato dei garanti. Ma per il governatore il problema, vero, non sono tanto le possibili dimissioni di qualche assessore, comunque rimpiazzabile quanto la mancanza di maggioranza al Parlamento siciliano.
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