Crescono come funghi e se ne contano già 1500 in tutta Italia. Ormai gli unici negozietti che aprono, sicuri di guadagnare nonostante la crisi, sono le rivendite di sigarette elettroniche. Già, perché, dopo mesi di scetticismo i cosiddetti svaporatori italiani si stanno moltiplicando a ritmo serrato. E il mercato ringrazia. I produttori fanno previsioni rosee: i fumatori di sigarette elettroniche (e-cig) passeranno dagli attuali 400.000 a un milione entro fine anno e il giro di affari lieviterà da 200 a 500 milioni di euro. Un bel business che segue l'andamento positivo riscontrato in Germania dove gli «svaporatori» sono già due milioni.
Negli Usa, il giro d'affari raggiungerà 1 miliardo di dollari entro l'anno. Dunque, la finta bionda che fa la guerra alla «cugina» storica ha fatto centro. Almeno sulla psiche dei fumatori. Si sentono la coscienza tranquilla a svaporare, visto che la sigaretta non elettronica costa assai, ma non puzza, non inquina, non fa male. O no? Questo è il vero dilemma. Il dubbio, infatti, non è stato ancora chiarito e moltissimi dei dodici milioni di tabagisti italiani sono titubanti, ancorati al pacchetto, in attesa di vedere che destino avrà la cicca futurista. La scienza non ci conforta perché lancia messaggi contrastanti. In Italia l'unica presa di posizione è quella sibillina dell'Istituto superiore di sanità che avverte: «Non si possono escludere effetti dannosi per la salute umana delle sigarette elettroniche contenenti nicotina, in particolare per i consumatori in giovane età». Ma se così è, come mai non c'è una regolamentazione o un divieto di fumo analogo a quello previsto per le sigarette? Molti lo invocano. L'Adoc ritiene che le e-cig debbano essere equiparate ai farmaci. E nelle avvertenze dovrebbero essere considerate delle sigarette relativamente alla pubblicità, alle diciture sulle confezioni e all'osservanza dei divieti di fumo. In attesa di regole certe, la Procura della Repubblica di Torino apre un varco sulla nebbia legislativa mettendo fuorilegge le sigarette elettroniche almeno fino a quando non saranno indicate sulle confezioni le avvertenze. La sua mossa ha fatto tremare i produttori che chiedono al più presto una regolamentazione. Girolamo Sirchia, padre della normativa anti fumo, è meno rigido in fatto di regole e invoca piuttosto «studi approfonditi sulla loro innocuità».
I cardiologi promuovono le sigarette elettroniche perché non provocano danni al cuore, solo un lieve aumento della pressione, e aiuta a combattere il tabagismo. I pneumologi, invece le ritengono potenzialmente dannose per i polmoni. Così la loro vendita, è già stata vietata in Australia, Norvegia, Canada, Brasile, Thailandia, e persino in Cina dove nel 2003 furono inventate e vengono prodotte per l'estero.
In Italia, invece, si svapora ovunque tranne che a Lomazzo (Como) dove il sindaco leghista ha vietato l'utilizzo della tecno- sigaretta nei luoghi pubblici. La presa di posizione non ha precedenti normativi. Ma lui spiega: «I dubbi su questo prodotto e sui suoi effetti sono ancora troppi e ci è sembrato giusto prendere una posizione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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