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"Silvio gode di un credito che non possiamo dissipare"

Il cofondatore di Forza Italia è favorevole al rientro in scena del Cav: "Ci servono parole forti e idee chiare. Qui c’è un Paese da ricostruire"

"Silvio gode di un credito che non possiamo dissipare"

Più che necessaria, la rivoluzione liberale è indispensabile. Bisogna iniziare da una grande riforma del fisco e da una altrettanto radicale riforma amministrativa. Giuliano Urbani, già ideologo di Forza Italia e ministro nei primi due governi Berlusconi, è felice che il Cavaliere torni in prima linea. «Ha una rappresentanza dell’elettorato non di sinistra che non possiamo permetterci di perdere. Leader dei moderati? No, moderati è una parola che mi fa venire i brividi», attacca. «In un momento così servono i principi della follia di Erasmo. Altro che moderati». Berlusconi annuncia di volersi ricandidare alle prossime elezioni? «Sono favorevolissimo al fatto che Berlusconi s’interessi a questo momento perché può vantare una rappresentanza che non possiamo dissipare. Mi auguro spenda bene il credito di cui dispone tuttora».

Punta al 51 per cento dei consensi.
«Lo prendo in parola perché quando nel 2005 abbandonai l’attività politica dissi esattamente che con gli alleati di allora serviva il 51 per cento. Altrimenti si sarebbe fatto ciò che volevano loro e non ciò che si era concordato con gli elettori».

In effetti è andata così. Ora Berlusconi si ripropone come leader unico dei moderati.
«La parola moderati mi fa venire i brividi. Ci vogliono persone determinatissime perché viviamo in un momento di disorientamento generale. Più che i moderati servono i “folli” di Erasmo da Rotterdam. Bisogna reinventare un sistema di rappresentanza e ci vogliono parole forti, idee chiare e valori civili sui quali non demordere. C’è un Paese da ricostruire».

Da ricostruire dopo anni di governo Berlusconi.
«Senza dubbio chi ha governato porta delle responsabilità, la principale delle quali è stata soggiacere ai compromessi con gli alleati. Non a caso io sono uscito».

Si rievoca lo spirito del ’94 e la ripresa della rivoluzione liberale incompiuta. Ci sono le condizioni?
«Il disorientamento generale e la sfiducia nelle istituzioni ricordano quell’epoca. Tocca alla classe dirigente dimostrare in positivo che ci sono anche le condizioni della rinascita. Questo è un Paese che va ancora liberalizzato. Bisogna liberare la gente dai troppi vincoli che le impediscono di dare il meglio di sé. Lei pensi al fisco e alla burocrazia. La grande riforma fiscale e la riforma amministrativa sono tutte da fare».

Berlusconi prospetta la creazione di un nuovo partito.
«Occorre spalancare porte e finestre per cercare fuori la classe dirigente. Qualcosa di buono, Alfano e Brunetta, c’è anche dentro. Servono i giovani e le donne. Che non vanno cercate sulle copertine dei settimanali. Ma devono essere donne nelle quali l’elettorato femminile possa riconoscersi. Infine, Berlusconi deve scrollarsi di dosso l’accusa di essersi abbandonato a una logica spettacolare. Deve circondarsi di autorevolezze, di persone affidabili e competenti che padroneggino le materie di cui parlano».

Da dove può ripartire la rivoluzione liberale?
«Il nostro problema principale è il debito pubblico. Che si può ripianare solo avviando una nuova grande stagione di sviluppo. Abbiamo bisogno di liberare tutte le nostre risorse, le nostre intelligenze, le nostre capacità d’iniziativa».

L’uscita dall’euro e il ritorno alla lira possono favorire questo processo?
«Credo che questa sia soprattutto una minaccia giornalistica. La soluzione va trovata restando nell’euro ed eliminando alcuni meccanismi frutto di un eccesso di ottimismo».

Per esempio?
«Non si può avere la moneta unica senza avere una banca centrale in grado di stamparla. E poi siamo un continente asimmetrico, che ha messo insieme 27 Paesi di cultura e sviluppo tra loro diversissimi. L’assenza di un calendario in grado di omogeneizzare questi Paesi e una certa presunzione stanno strangolando i più deboli. O modifichiamo questo calendario o rinunciamo all’Unione. Ma sarebbe una sconfitta».

Berlusconi ha detto che se non si trova la soluzione si può chiedere alla Germania di tornare al marco.
«Convincere i tedeschi è difficile. Loro il risanamento l’hanno pagato a caro prezzo ai tempi dell’unificazione e ora si chiedono perché i sacrifici non li fanno i greci, gli italiani e i portoghesi. Ma non è facile vedere che, mentre qualche Paese viene privato dell’aria, qualcun’altro ingrassa. Capisco Berlusconi quando dice che, se non si trovassero le soluzioni giuste nell’euro, allora si può fischiare la fine della partita.

Ma mi sembra più una minaccia che un auspicio».

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