D al governo del presidente, al presidente che governa. Ecco a voi la mutazione genetica della Repubblica, «l'uovo di Pasqua» regalato da Giorgio Napolitano all'Italia, l'idea geniale per spezzare i veti e dare una guida al Paese. Partiti commissariati, Parlamento congelato e tutto il potere ai due gruppi di saggi, uno politico-istituzionale uno economico-sociale, che da martedì si siederanno attorno a un tavolo e stenderanno «precise proposte» che possano essere «condivise dalle forze politiche». E mentre gli esperti-esploratori puliranno le scorie e prepareranno la bozza per il futuro programma di governo, a Roma, fa notare il capo dello Stato, un governo c'è già: Mario Monti, sia pur dimissionario e in carica per gli affari correnti, è «operativo e non sfiduciato» e rappresenta quindi «una concreta certezza» nel caos. E poi c'è lui, Re Giorgio, a sorvegliare il tutto per un altro mese. L'Europa approva la mossa. «Dopo il discorso del presidente - spiega il portavoce della Commissione - siamo sicuri che una soluzione verrà trovata».
Dunque, altro che lasciare, forse Napolitano raddoppia. Nonostante le voci e le pressioni, a dimettersi non ci aveva neanche pensato. O meglio, era «una delle tante possibilità» vagliate come d'obbligo negli ultimi tempi e poi scartate. Però in realtà di fare lo Schettino della Repubblica non ne ha mai avuto voglia. «Sono alla conclusione del mandato - spiega - e le mie possibilità di iniziativa sulla formazione del governo sono limitate. Ma posso fino all'ultimo giorno concorrere a creare condizioni più favorevoli». E ancora, tanto per spazzare i dubbi: «Continuo quindi a esercitare fino all'ultimo giorno il mio mandato, come il senso dell'interesse nazionale mi suggerisce, non nascondendo al Paese le difficoltà che sto incontrando». Impensabile mollare adesso. «Stiamo navigando a vista - dice un alto funzionario del Colle - ma anche al buio, senza bussola e tra gli scogli. Come si fa in queste condizioni a fare scendere di bordo il timoniere?».
E così ora abbiamo due gruppi di saggi, scelti da Napolitano e imposti ai partiti, tra cui forse c'è qualche nome buono per Palazzo Chigi e il Quirinale. Abbiamo tre governi: quello in carica, quello che verrà e quello degli esperti. Ma c'è un solo Capitano, il presidente attuale e forse, suo malgrado futuro. Comanda lui perché i partiti, sconfitti e incapaci di trovare un'intesa, sono stati messi da parte. Due giri di consultazioni e l'esplorazione di Bersani «mi hanno permesso di accertare la persistenza di posizioni nettamente diverse». Cecità, ostinazione, tatticismo, quando invece «l'urgenza dei problemi richiederebbe senso di responsabilità». Dalla elezioni «è già passato un mese», prolungare lo stallo è insostenibile».
E siccome i mercati fanno paura e il voto anticipato «è una questione che non mi interessa», ecco la soluzione. Invece di cercare le alleanze possibili, il Colle rovescia l'approccio alla questione incaricando i saggi di trovare prima i punti di contatto e poi di costruirci attorno un accordo. A ben guardare, è lo stesso sistema che ha usato Napolitano durante le consultazioni: prendere appunti e mettere e verbale le idee e le proposte condivise. L'approdo finale di questo piano C del Quirinale dovrebbe essere un governo, vedremo quanto politico e quanto tecnico, ma comunque a forte impronta presidenziale. Se l'accordo non sarà chiuso entra la fine del settennato, sarà «materiale utile» per il prossimo capo dello Stato.
Nel frattempo ci pensa lui.
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