Il soldato Usa stupratore e i marò Ancora umiliazioni per l’Italia

Il soldato Usa stupratore e i marò Ancora umiliazioni per l’Italia

Verrebbe da dire: «Cornuti e mazziati». L’Italia, in campo indiano, rimedia un altro ceffone, i nostri due marò languiscono tra carceri e kafkiani tribunali, la diplomazia mostra tutta la sua impotenza e Nuova Delhi quasi ci sbeffeggia. Ecco l’ultima provocazione. L’Alta Corte del Kerala ha condannato infatti il governo italiano e gli eredi dei due pescatori presuntamente uccisi dai nostri soldati che li avevano scambiati per pirati, a pagare un ammenda per aver raggiunto un accordo extragiudiziale con le famiglie delle vittime. Dovremo pagare 200 mila rupie (oltre 1.400 euro), mentre gli eredi di Valentine Jelastine e Ajesh Pinku sono stati multati di 10 mila rupie ciascuno (circa 144 euro in tutto).
L’Alta Corte di Kochi ha anche respinto il ricorso dell’Italia riguardante la giurisdizione da applicare ai marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che hanno abbandonato giorni fa il carcere centrale di Trivandrum, ma certo non la speranza di tornare in Italia il più presto possibile. Messa in agenda oggi a Kochi, l’udienza sul ricorso presentato dal governo italiano è servita al giudice P.S. Gopinathan per pubblicare una sentenza di ben 60 pagine che i giuristi avevano già previsto che sarebbe stata negativa per i marò. E così è stato perchè il magistrato ha respinto gli argomenti dei legali della difesa che chiedevano di bloccare le accuse per mancanza di giurisdizione, e si è lanciato in un j’accuse sposando tutte le tesi del Kerala e ratificando la legittimità dell’operato di polizia e giustizia keralesi.
Fonti italiane che seguono il processo hanno spiegato che «non siamo stati colti di sorpresa dal rigetto della richiesta, vista l’evoluzione che il processo ha avuto giungendo già al punto del rinvio a giudizio» di Latorre e Girone.
«È un copione scontato - hanno aggiunto - e ora con gli avvocati esaminiamo la sentenza per decidere quali saranno i prossimi passi. Ma intanto vogliamo aspettare l’altra udienza che si terrà sulla richiesta che abbiamo formulato di bail, ossia di libertà dietro cauzione per gli imputati».
In effetti già oggi un altro giudice dell’Alta Corte, N.K. Balakrishnan, ascolterà le parti - difensori dei marò, e rappresentanti del governo del Kerala e di quello centrale - per decidere se è opportuno, e se esistono sufficienti garanzie, per permettere ai due fucilieri del San Marco di attendere il processo in condizioni di libertà vigilata.
La richiesta è stata respinta due volte per ragioni tecniche da giudici inferiori, mentre ora il magistrato ha mostrato la volontà di entrare nel merito e di stabilire se esistono i margini per la concessione del bail.
Rivendicando il diritto di intervento nonostante la petroliera si trovasse oltre le acque territoriali indiane, il giudice ha sostenuto che «esiste una sentenza del 1981 che impone allo Stato di intervenire fino al limite della Zona di interesse economico (200 miglia nautiche) se il passaggio di una nave privata crea problemi gravi alla sua sicurezza».
Infine il magistrato sentenzia che «non c’è nulla nei documenti da cui si può desumere che i marò avessero libertà assoluta di sparare e uccidere persone. Erano agli ordini del capitano».
Nel rispetto del diritto internazionale l’Italia è invece pronta a far giudicare in patria il sergente statunitense di 28 anni in forza alla base Usa di Camp Darby presso Pisa, arrestato per aver abusato di una bambina di 7 anni, figlia di una sua amica italiana che spesso gli affidava la piccola.

Al militare, accusato di violenza sessuale e di produzione di materiale pedopornografico, sono state poi sequestrate anche foto di altri bambini sotto i 10 anni costretti a subire violenze e torture, perfino con il coinvolgimento di animali. I carabinieri hanno trovato le prove nel suo appartamento e nell’ufficio dove il sottufficiale americano teneva dischetti e pc.

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