La soluzione dei penalisti: grazia a Sallusti

Il presidente Spigarelli ascoltato in commissione al Senato: "Serve tempo per fare una buona legge"

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

Roma - Sul no al carcere per i giornalisti sono tutti d'accordo, è sulle sanzioni che ancora si discute in commissione Giustizia del Senato. E lì ieri ci sono state le audizioni dei rappresentanti di Anm, Fnsi, Unione cronisti, Unione delle camere penali, Consiglio nazionale forense.

Il disegno di legge nato sulla spinta del caso Sallusti, assicura al Giornale il presidente della Commissione Filippo Berselli, sarà «immancabilmente approvato giovedì, in sede deliberante, e poi la palla passerà alla Camera».

Ma sul contenuto del testo che dovrebbe evitare la condanna a 14 mesi di carcere per diffamazione al direttore del Giornale, ancora non c'è chiarezza. Sono stati presentati, infatti, 104 emendamenti che oggi saranno illustrati. Poi saranno dati i pareri.

Già si sa che saranno introdotte delle norme che riguarderanno la diffamazione sul web e che la sanzione massima prevista dall'emendamento Chiti-Gasparri per chi compie diffamazione a mezzo stampa sarà di 50mila euro, mentre sarà abolito il minimo di 30mila previsto nel testo-base. Per il resto, sarà il giudice a stabilire la somma da pagare a seconda della gravità del reato.

Il nodo riguarda dunque le pene e se per l'Associazione dei magistrati sono necessarie «sanzioni pecuniarie elevate», per l'Unione cronisti la rettifica dovrebbe bastare a estinguere il reato.

Il presidente dei penalisti, Valerio Spigarelli, preferirebbe che la grazia (o misure alternative al carcere) risolvesse il problema Sallusti, per avere il tempo di fare «una buona legge sulla stampa» e non una «scadente», per colpa dei tempi contingentati. Spiega, infatti, che bisogna evitare «la fretta o una legge che può essere anche ritenuta ad personam». «Noi - dice Spigarelli - siamo contrari al carcere per i giornalisti, ma questa riforma va fatta bene, tenendo in considerazione anche che di diffamazione si muore moralmente». Le norme all'esame del Senato, per il penalista, «sono un po' scollegate, non prendono in considerazione il problema relativo al web». Anche lo strumento della rettifica «è importante per comprimere il danno, ma non deve far scomparire il disvalore di una condotta in sede penale: vanno cercate sanzioni adeguate per impedire comportamenti diffamatori».

Linea dura, dunque. Ma, obietta il segretario della Fnsi Franco Siddi, attenzione a nuovi bavagli, anche per il web. «Quel che non va bene - dice - è l'idea che la stampa debba essere punita: se si commettono errori gravi è prevista la rettifica di notizie inesatte o false. Questo è lo strumento.

Se invece si vuole intimidire la stampa non siamo d'accordo, perché non si può controllare l'informazione o i pubblici poteri». La Fnsi insiste con la proposta di un «giurì» per garantire entro 7 giorni la riparazione del danno con la rettifica.

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