Governo rosa. Governo innovativo. Governo generazionale. Colombe del Pdl e colombe del Pd, con una componente tecnica tutt'altro che trascurabile. In sintesi, governo della conciliazione. Si possono dare tanti segnali attraverso la scelta dei ministri. Sette donne su ventuno: record di rappresentanza femminile nella squadra di governo della storia repubblicana. Cinquantatrè anni, l'età media dei suoi componenti, undici in meno dell'esecutivo guidato da Monti. A scorrere nomi e dati anagrafici, le premesse per il cambiamento ci sono tutte. Vedremo se saranno confermate dai fatti.
Innanzitutto, le quote rosa. Quando c'è da pacificare, si ricorre al sesso «debole». Alle donne più inclini al dialogo, come risultano essere quelle scelte dal premier Enrico Letta, «assecondato» da Napolitano. La psicologia conta. Non si volevano figure «divisive», come si usa dire con termine di moda. Un governo a forte caratterizzazione femminile dovrebbe favorire la mediazione, autorevolmente e ripetutamente auspicata dal Capo dello Stato. Con l'eccezione di Emma Bonino, neoministro degli Esteri, già nel secondo governo Prodi, e di Anna Maria Cancellieri, scelta per il delicato dicastero della Giustizia, già titolare dell'Interno con Monti, le altre sono al loro esordio a capo di un dicastero. È il caso di Beatrice Lorenzin alla Salute, e Nunzia De Girolamo all'Agricoltura, rappresentanti del Pdl, già note al grande pubblico televisivo. Meno conosciute sono Maria Chiara Carrozza, rettore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, conterranea e coetanea del premier, indicata per la Pubblica Istruzione, e Cecile Kyenge, primo ministro di colore italiano nominata all'Integrazione sociale, originaria del Congo, portavoce dell'associazione «Primo marzo» impegnata nella lotta contro il razzismo. Nota per le sue imprese sportive è invece la pluriolimpionica Josefa Idem, titolare dello Sport e Pari opportunità. Tutte e tre espressione del Pd, arrivate in Parlamento da soli due mesi, approdano già sulla poltrona ministeriale: segno che la fiducia riposta in loro dev'essere notevole.
Ma la lista dei debutti non si ferma qui. Anche se si tratta in alcuni casi di vecchie conoscenze, nel ruolo di ministri sono quasi tutti esordienti. Da Maurizio Lupi, fondatore proprio con Enrico Letta dell'Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, nominato alle Infrastrutture, a Giampiero D'Alia vicinissimo a Casini, responsabile della Pubblica amministrazione, fino a Mario Mauro, ex-Pdl passato a Scelta civica, titolare della Difesa (avrà fatto il servizio militare?). Oltre a loro, però, nella squadra di Letta si contano altri volti nuovi o non parlamentari. A cominciare dai due sindaci: Flavio Zanonato nominato allo Sviluppo economico, storico primo cittadino di Padova vicino a Bersani e noto per l'impegno sul fronte della sicurezza, e Graziano Delrio, renziano, scelto per gli Affari regionali, primo sindaco non comunista di Reggio Emilia e presidente dell'Anci. New entry assolute sono anche quelle di Massimo Bray, direttore editoriale della Treccani e della rivista della Fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema, approdato al Ministero dei Beni culturali, e Carlo Trigilia, docente all'università di Firenze e sociologo molto attento ai problemi del Mezzogiorno, scelto per la Coesione territoriale.
Per fronteggiare l'emergenza lavoro ci si è invece affidati a un tecnico come Enrico Giovannini, presidente dell'Istat e già nella commissione dei saggi voluta da Napolitano.
Scelta analoga si è fatta per l'Economia, altro ministero-cardine, chiamando Fabrizio Saccomanni, con i suoi 71 anni il più anziano della squadra, attuale direttore generale di Bankitalia. La Cancellieri alla Giustizia, Giovannini al Lavoro e Saccomanni all'Economia rappresentano l'ala tecnica del governo. Uomini delle istituzioni tout court, probabilmente voluti direttamente dal Capo dello Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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