
L’Italia era così preparata alla pandemia che allo Spallanzani non esistevano le procedure per fare i tamponi. E così il tracciamento dei contagi è saltato sin da subito. A rivelare l’agghiacciante retroscena è l’ex comandante dei Nas Adelmo Lusi, nella sua deposizione in commissione Covid del 9 aprile scorso, recentemente desecretata.
Secondo la ricostruzione del generale, sentito in questi mesi assieme ai principali membri della task force e del Comitato tecnico scientifico che ha gestito la pandemia, a una domanda del deputato catanese Francesco Ciancitto che gli ricorda una sua dichiarazione su un possibile contagiato che si era recato allo Spallanzani per essere visitato e sottoposto ad analisi, il generale ricorda che quell’episodio lo costrinse a insistere dentro la task force sulla «[...]necessità di definire delle procedure omogenee da effettuare come protocollo». Già, perché al tempo - siamo a gennaio 2020 - al se qualcuno (come è successo) si fosse presentato allo Spallanzani, la struttura specializzata nelle Malattie infettive, non era possibile analizzare i tamponi.
Serviva un generale dei carabinieri per lanciare l’allarme alla task force anti Covid? Il virus probabilmente era già in Italia (forse da mesi, come aveva detto al Giornale il virologo Giorgio Palù grazie ai marker tumorali che aveva a disposizione) eppure nessuno aveva pensato a «emanare delle procedure per questi casi». Ma questa non sarebbe l’unica falla del sistema, anzi. L’azione dei Nas in quelle primissime settimane sarebbe stata determinante, tanto che ancora il meloniano Ciancitto[...] ha ricordato che il corpo specializzato dell’Arma si è fatto «vettore di recapito dei tamponi, sia all’Istituto superiore di Sanità, sia allo Spallanzani». Una scelta di chi? «È stato attivato tramite una circolare che è arrivata da parte del ministero? Avevate delle linee guida nel trasportare e nel prendere quel materiale?», chiede il parlamentare in commissione Covid. La risposta è glaciale: «No, non avevamo delle linee guida». Anzi, secondo il generale nessuno si era mai nemmeno posto il problema di come fare arrivare i tamponi allo Spallanzani ed all’Istituto Superiore di Sanità tanto che «quando è stata rappresentata questa difficoltà di far pervenire all’Iss i tamponi, mi sono offerto io come parte integrante del ministero della Salute», non c’era un criterio per la consegna rapida (e sicura) dei tamponi, sono stati i militari dei Nas «con staffette quotidiane secondo direttrici Nord-Sud, Nord Roma e Sud Roma, a raccogliere i tamponi delle varie città e portarli all’Iss». Un lavoro immane durato per un mese circa, con «5.716 tamponi analizzati» fino a che «l’Iss non decise di autorizzare i laboratori a livello provinciale e regionale».
«A chi toccava questo compito? Chi decideva strategie e procedure?», chiede a Lusi il presidente della commissione Covid Marco Lisei (FdI). «Nell’ambito della task force veniva definita l’esigenza.
La circolare, il provvedimento, veniva adottato in ambito gabinetto, con i tecnici specifici che si ritenevano competenti a illustrare nel dettaglio». Tempo perso mentre il Covid si diffondeva in tutta Italia, lontano dai radar del ministero della Salute.