Stabilità, la legge scricchiola Letta si irrita: "Troppe voci"

Manovra da 12-15 miliardi in bilico a un giorno dal varo: a rischio il cuneo fiscale. Il premier protesta per le fughe di notizie. Tagli alla sanità, i governatori in rivolta

Stabilità, la legge scricchiola Letta si irrita: "Troppe voci"

Una vera finanziaria che sposta una bella som­ma, tra i 12 e i 15 miliardi di euro tra tagli, entrate e spese. Secondo tradi­zione, con grandi ambi­zioni, ma spa­zi di manovra limitati. Il Consiglio dei ministri ieri sera non era ancora stato convocato, ma domani, salvo sorpre­se, sarà varata la legge di sta­bilità. I conte­nuti sono più o meno noti, ma sono sem­pre più proba­bili cambia­menti, anche radicali. «Ba­sta indiscre­zioni », è sbot­tato ieri il pre­mier Enrico Letta, prote­stando per le numerose an­ticipazioni uscite in que­sti giorni. Se­gno che alcu­ni dei capitoli chiave delle bozze sono an­cora traballan­ti. Oggetto di trattative poli­tiche e di cal­coli sulle co­perture. Op­pure, sempli­cemente, non piacciono né al premier né alla maggioran­za.

Ad esempio il cuneo fiscale. Per ridurre l'eccessivo costo del lavoro rispetto alle somme nel netto della busta paga, secondo le indiscrezioni, il governo si appresta a mettere cinque miliardi di euro. Ieri il ministro alle Attività produttive Flavio Zanonato ha messo le mani avanti: le risorse «sono limitate. Bisogna vedere come distribuirle nel segno dell'equità e nel segno dell'efficacia». Nella versione valida fino a ieri, la maggior parte andrà a beneficio dei lavoratori dipendenti. Tre miliardi che porteranno in busta paga 150 euro all'anno. Ma proprio questo è uno dei capitoli che potrebbero cambiare. Il rischio è che il beneficio per i lavoratori sia minimo e, per contro, non si alleggeriscano le imprese dall'eccessivo costo del lavoro, che impedisce di assumere.
Tra i capitoli a rischio, quello della sanità. Oltre al giro di vite con la manovrina da 1,6 miliardi, che in teoria (ancora non c'è il testo del decreto) non ha risparmiato il sistema sanitario nazionale, ci sono tagli in vista anche con la legge di stabilità. Più di 3 miliardi, tutti a carico delle regioni. Ma anche questo capitolo è soggetto a cambiamenti. E le indiscrezioni che hanno fatto arrabbiare Letta sarebbero soprattutto quelle sul giro di vite che riguarderà la sanità, che hanno scatenato reazioni feroci da parte dei governatori. «Se il Pd esiste, blocchi i tagli vergognosi», ha minacciato Nicola Zingaretti del Lazio. «Letta scherza con il fuoco», ha minacciato Nichi Vendola, governatore della Puglia.

Nel cantiere della legge di stabilità sono poi comprese due importanti riforme. Quella dell'Imu, con l'istituzione della Service tax. Si va verso un aliquota del 3 per mille per metro quadro o tre centesimi, con un tetto. Cioè, la somma delle nuove tasse, Tasi e Tari, non dovrà superare l'attuale Imu. Ma anche su questo aspetto c'è una trattativa tecnica in corso. E non sono escluse sorprese poco positive per i contribuenti. Allo studio anche la riforma dell'Iva. Confermata la nuova aliquota del 7%, che potrebbe sostituire quella agevolata del 4% e forse anche quella del 10%. A compensare le perdite, il passaggio di intere categorie di merci dall'aliquota di mezzo a quella massima, del 22%. Anche in questo caso, i cittadini spenderebbero di più. Nei giorni scorsi il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ha ribadito che l'obiettivo del governo è quello di «rimettere in moto la crescita, facendo ogni sforzo per ridurre l'onere fiscale su lavoro e imprese» col meccanismo della spending review per arrivare nel lungo termine alla eliminazione degli sprechi». Una copertura difficile. Il commissario Carlo Cottarelli, anche se ancora non si è insediato, dovrà garantire un risultato - 4-5 miliardi all'anno - che nessuno dei suoi predecessori ha mai raggiunto.

Saccomanni aveva anche fatto riferimento alle privatizzazioni per ridurre il debito pubblico. Oltre alla dismissione di patrimonio pubblico, allo studio c'è l'utilizzo delle partecipazioni dello Stato nelle grandi società pubblico come garanzia su un fondo a riduzione del debito pubblico.

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