RomaAnche la Corte dei conti si iscrive al club dei presunti falchi. Di chi, cioè, vede con una certa preoccupazione le misure per la casa contenute nella legge di Stabilità. C'è il «rischio dell'emersione di ulteriori aumenti impositivi» sugli immobili e in particolare sulla Tasi, ha avvertito il presidente Raffaele Squitieri in audizione al Senato. La tassa sui servizi «moltiplica il suo peso rispetto a quello incorporato nella vecchia Tares e che lascia ai comuni la facoltà di rideterminare l'aliquota, crea il presupposto di aumenti di prelievo da parte degli enti locali con aliquota Imu inferiore al massimo previsto dalla legge». In sostanza i magistrati contabili puntano i riflettori sulla possibilità lasciata ai sindaci di alzare l'aliquota dallo 0,1 allo 0,25 per cento sulle abitazioni principali e all'11,6 per mille le altre. «A rischiare di essere colpite sono le seconde case e gli immobili strumentali delle imprese allocati nei comuni finora virtuosi», afferma Squitieri.
Valutazioni non neutre quelle della Corte dei Conti. Con scelte come quelle adottate nella legge di Stabilità - sottolinea il presidente - si corre il «rischio di un deterioramento della tax compliance». Tradotto: spremendo i contribuenti si ottiene come risultato un'aumento dell'evasione fiscale.
Un minimo sforzo sul versante fiscale la Corte lo riconosce. «Si pongono le condizioni per una tregua fiscale basata tuttavia su una dose elevata di deterrenza». E in questo caso il riferimento è la minaccia di tagli «significativi» alle agevolazioni.
Ma boccia le basi della politica economica del governo. «C'è un'alta probabilità che si realizzi un quadro meno favorevole di quello prospettato dal governo e con scostamenti crescenti nel tempo». In sostanza la crescita sarà inferiore, come ha certificato ieri anche l'Istat (Nel 2013 meno 1,8% contro l'1,7% della nota di aggiornamento del Def).
Alcune coperture sono «imposte future», sono «ma ancora del tutto indefinite nella loro articolazione e nella percezione da parte dei contribuenti» e quindi rischiano, con il loro «grado di incertezza», di condizionare l'intera manovra. Poi, dubbi sulla spending review, che rappresenta comunque una posta minore della legge. Per Squitieri «è lodevole provarci». Ma «ci saranno difficoltà». Poi c'è «incertezza circa la natura e l'estensione degli oneri detraibili e deducibili su cui opereranno i tagli previsti dal disegno di legge».
La Corte dei conti «bollina» anche i giudizi di sostanziale inconsistenza sul cuneo fiscale arrivati da più parti. «Secondo l'Ocse - spiega Squitieri - nel 2012 il cuneo fiscale del lavoratore medio dell'industria italiana si commisurava al 47,6% del costo del lavoro: il 23,3% riconducibile al prelievo a carico del lavoratore ed il 24,3% a fronte dei contributi per il datore di lavoro». Con la legge di stabilità «la nuova misura per il lavoratore si ridurrebbe di quasi tre decimi di punto per effetto delle maggiori detrazioni Irpef, mentre per il datore di lavoro diminuirebbe in modo maggiore».
Un risultato «significativo, ma che lascia sostanzialmente inalterata la posizione dell'Italia nella graduatoria europea sul peso del cuneo fiscale, maggiore solo in Belgio Francia e Germania». Senza contare che sono esclusi i lavoratori autonomi, «gli incapienti e i pensionati, ossia circa 25 milioni di soggetti» che sono anche quelli in maggiore difficoltà.
In generale, per i giudici contabili servono le riforme. Rivedere le «strutture di governo», correggere gli «squilibri» nelle società partecipate dagli enti locali. Tagliare la spesa per abbattere la pressione fiscale.
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