Sull'Ilva pure il ciclone Disastro al porto: crolli, feriti e un disperso

L'uragano oscura la città e la colpisce all'improvviso. Due cabine di comando cadono in mare con un operaio

Sull'Ilva pure il ciclone Disastro al porto: crolli, feriti e un disperso

L'immenso imbuto nero di buon mattino oscura mezza città e ramazza ogni cosa. Ruggisce tra le ciminiere dell'Ilva, abbatte gli alti camini in fiamme, aspira minerali e li sparpaglia tra i flash delle linee elettriche appena strappate, fa volare i lenzuoli con gli slogan sindacali appesi ai cancelli. Tutt'intorno si cappottano macchine, i tir s'accasciano, perfino un fulmine colpisce l'impianto siderurgico più grande d'Europa.

In mezz'ora l'Ilva di Taranto si trasforma da caso giudiziario, politico e sindacale in cartolina da calamità naturale. Chi non deve scappare o cercare riparo sta lì, a bocca aperta verso il cielo di piombo che rovescia la sua furia sulla fabbrica della discordia, si accanisce sulle banchine del porto gestite dal colosso dell'acciaio, scagliando in terra una gru e in mare due cabine di comando, insieme all'operatore che era all'interno in quel momento, e che dal mare non è più riemerso.

La tromba d'aria fa il giro del mondo e del web in una sorta di kolossal dell'orrore dall'epilogo reale, ma implausibile anche per i catastrofisti di professione. E quando il cono nero e il suo seguito di furia distruttiva si allontanano, a terra resta l'impronta del suo incedere. Rottami di automobili parcheggiate a testa in giù, lamiere attorcigliate, calcinacci, tronchi come bacchette di Shangai, edifici fatti a pezzi da brutali ceffoni d'aria. Una quarantina di feriti tra fabbrica e città, quattro ricoverati in ospedale. E poi un disperso, l'operaio 29enne che era sulla gru quando il tornado l'ha sollevata e l'ha buttata via come un giocattolo rotto. La tromba d'aria ha colpito duro tra mare e terra prima di infrangersi sull'impianto-simbolo di Taranto. A Statte, poco più su dell'Ilva, la tempesta ha strappato via pali della luce, tetti e pensiline, rovesciato veicoli e disintegrato il campanile della chiesa, spazzato un distributore di benzina, infierendo a fine giro sulla scuola media Leonardo Da Vinci: nove bambini, ora negli ospedali di Taranto e Martina Franca, sono rimasti feriti lievemente dallo scoppio delle vetrate. Il minuscolo comune è rimasto al buio per ore mentre il «tornado Ilva», senza la fretta originale che l'aveva spinto a correre intorno ai 270 km orari, prendeva la via di Bari costringendo il sindaco Emiliano a precettare i vigili col megafono per allertare i concittadini a rinchiudersi a casa.

Col fungo ormai lontano la procura ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo anche sulla base delle prime denunce di un collega dell'operaio scomparso tra i flutti dell'area porto del terzo sporgente. «Non si doveva trovare lì», anche perché la tragedia s'è consumata in un'area sotto sequestro con facoltà d'uso da anni. La maledizione dell'Ilva ha colpito ancora.

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