Roma - E un giorno arrivò lo tsunami al contrario. Consensi dimezzati, percentuali polverizzate, il naufragio della protesta che affonda nell'indifferenza, l'astensione delusa. Dal sogno della vittoria all'inferno della rincorsa. È la prima sconfitta del movimento politico che finora aveva volato con il vento degli dei ai piedi. L'onda che travolge se stessa. Ed è la base, ora, a fare la rivoluzione: «Caro Beppe, adesso il vaffa te lo prendi tu!», parte l'insulto dal blog. Dalle stelle alle stalle.
Chissà se Grillo l'aveva capito a piazza del Popolo, venerdì sera, quando la riempì molto meno che la polizia di Stato per la festa annuale. In quella stessa Roma dove il Movimento cinque stelle era planato sopra il 27% appena tre mesi fa, il candidato sindaco Marcello De Vito ha raccolto meno della metà dei consensi: sotto il 13%. Per poco non gli ha soffiato il terzo posto Alfio Marchini. L'astensionismo viene da lì, dai grillini delusi, è stata la prima lettura (Roma con il 52% perde una media del 20% di elettori rispetto a politiche e comunali scorse). Ma nella Capitale il M5S si è addirittura difeso rispetto ad altre città italiane, dove il crollo ha sorpreso anche i rivali. La fuga dal Movimento anticasta è avvenuta insomma anche a vantaggio di altri partiti. A Siena, dove Grillo pensava di costruire la nuova roccaforte stellata dopo la presa di Parma, al galoppo sulle ceneri del Pd per lo scandalo politico-bancario del Monte dei Paschi, il candidato Michele Pinassi si è fermato a poco più delle briciole, 8,34%. L'affluenza è stata bassa (68,39%) ma non giustifica le perdite. A Brescia ha fatto poco meglio di lui Laura Gamba (7,41%). Cifre che sono un terzo, un quarto dei voti raccolti alle politiche di febbraio. E infinitamente più piccole degli ultimi sondaggi nazionali, che davano invece il Movimento in tenuta. In Val d'Aosta per la Regione, dove hanno votato il 75% degli elettori, i grillini precipitano al 6,62%. A Vicenza, Claudio Cicero si ferma poco sopra il 6. Meglio ad Ancona, intorno al 15% ma con un meno 14%. A Imperia, in terra grillina, tracollo all'8,75. A febbraio il M5s era primo partito con il 33,65%. Il «mandiamoli a casa tour» di Beppe non ha spedito al parco gli altri, questa volta. Unica eccezione Imola, 18,8%. Ma il ballottaggio rimane un miraggio ovunque.
Fino a sera Grillo è rimasto zitto. Non un post, non un tweet. Anzi sì, un post, un intervento del giornalista Massimo Fini, sul colpo di Stato dei partiti. Secondo indiscrezioni sarebbe arrivato l'ordine ai senatori del Movimento: non commentare a caldo i dati. I fedeli da cinque stelle o morte incitano: «Abbiamo perso una battaglia, ma vinceremo la guerra». Però l'onda della delusione si gonfia. Al golpe molti non credono più: «Inutili le manfrine sui brogli». «Noi elettori abbiamo fatto di tutto per farvi capire che la linea antipragmatica e oltranzista sarebbe stata un colossale autogol». Firma: un vostro (ex) elettore Jep Gambardella. «Sconfitta pesantissima - scrive Giovanni -. Utile un immediato congresso del M5S. O si riesce a capire cosa vogliono i cittadini oppure alle prossime politiche ne resterà uno solo, sì ma di parlamentare». Più che di Grillo, è dei parlamentari la colpa: «Beppe, Roma è un brutto segnale - avverte Nino - digli a quei 4 str... che abbiamo mandato in Parlamento di cambiare attitudine: che si mettano a lavorare. Ricordagli che sono dei miracolati di SanGrillo». Sembra il giorno del giudizio. C'è chi parla di «errori macroscopici nella fase comunicativa». Antonio Filigheddu: «Non si deve parlare con i giornalisti? Non sono d'accordo ma mi adeguo.
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