Tutto secondo copione: Berlusconi va a processo chi lo accusa la fa franca

Il Cavaliere e Lavitola a giudizio per la presunta compravendita di senatori De Gregorio, inattendibile per altri giudici, patteggia 20 mesi: pena sospesa

Tutto secondo copione: Berlusconi va a processo chi lo accusa la fa franca

Di per sé, la notizia non stupisce. Figuriamoci se la Procura di Napoli, che aveva tentato la carta del giudizio immediato subito dopo le Politiche, nel marzo scorso, si lasciava scappare l'opportunità di mandare a processo Silvio Berlusconi.

E infatti ennesimo processo sarà, a partire dal prossimo 11 febbraio, per corruzione. Processo al Cavaliere e all'ex direttore dell'Avanti! Valter Lavitola, rinviati ieri a giudizio dal gup partenopeo Amelia Primavera per la presunta compravendita di senatori (tre milioni a De Gregorio tramite Lavitola, due in «nero» e uno registrato, al movimento «Italiani nel mondo») tra il 2006 e il 2008 alla base della caduta del governo Prodi. Quel che invece lascia di stucco è che il vero protagonista, l'ex senatore Sergio De Gregorio, il parlamentare di Idv passato al Pdl al centro della presunta compravendita, diventato il pentito-chiave dell'accusa dopo aver svelato il «patto scellerato» (guarda caso pochi mesi dopo aver schivato, grazie al «no» di Palazzo Madama, l'arresto per un'altra inchiesta in cui è coinvolto con Lavitola, quella per i fondi dell'Editoria all'Avanti!), al processo non ci sarà. Ha infatti patteggiato un anno e otto mesi, pena sospesa. Traduzione: processo finito, condanna lieve, appena 20 mesi sì, ma niente carcere. Insomma, nessun contraccolpo. Anzi, De Gregorio è l'eroe del giorno, che intervistato pontifica: «Mi fa piacere che per il Gup le mie parole corrispondano al vero. Berlusconi non meritava la mia collaborazione e la mia fiducia. Farebbe bene a ritirarsi».

Già, la credibilità. Il gup di Napoli, pm a parte, è il primo giudice a credere a De Gregorio. All'ex senatore, a marzo, non aveva creduto una sua collega, il gup di Napoli Marina Cimma, che aveva detto «no» alla richiesta di rito immediato presentata dai pm capeggiati da Henry John Woodcock: «All'esito di un'attenta e approfondita disamina delle dichiarazioni rese da De Gregorio – aveva scritto – non può farsi a meno di evidenziare che la prova circa l'esistenza di un accordo corruttivo intervenuto tra gli imputati è tutt'altro che evidente». Non solo. Per quel gup «le somme corrisposte a dire di De Gregorio da parte di Berlusconi per il tramite di Lavitola erano destinate a finanziare il movimento politico», (Italiani nel mondo). Insomma, De Gregorio non era attendibile. Come non attendibile si è rivelato De Gregorio per i pm milanesi del processo Mediatrade, che sentito De Gregorio e le sue rivelazioni (aveva detto di avere rallentato una rogatoria in Cina sui diritti tv) hanno spedito a Hong Kong la Guardia di finanza a caccia di un misterioso appunto che avrebbe dovuto trovarsi al ministero degli Esteri. Niente appunto in cassaforte, niente di niente. Il governo di Hong Kong ha spiegato: Mr. Gregorio chiese solo informazioni. E nella rogatoria non ci fu alcuna ingerenza. Non attendibile l'ex senatore è apparso anche ai pm di Roma, che, dopo averlo ascoltato, nel settembre scorso hanno chiesto l'archiviazione di un'inchiesta gemella, quella sul passaggio da Idv al Pdl di altri due senatori, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, nel 2010: la scelta di cambiare partito, hanno detto, non è sindacabile in base all'articolo 67 della Costituzione, perché un eletto alla Camera o al Senato non ha vincolo di mandato.

Appunto, da che politica è politica, i cambi di casacca sono un vizio fisiologico. Solo che c'è il vizio, quello brutto sì, di considerarli normale libertà di coscienza se da destra vanno a sinistra, mentre se il senso è inverso il passaggio è sospetto. E visto che De Gregorio è passato da Idv al Pdl stavolta sì, è attendibile, tanto più che è reo confesso. Il fatto poi che ci siano tanti rei confessi - per tutti l'ex eroe dei pm di Palermo Massimo Ciancimino - che mescolano frammenti di verità a macroscopiche bugie, è un dettaglio. Si vedrà, al processo.

«Il dibattimento riconoscerà l'insussistenza dei fatti contestati – dicono gli avvocati di Berlusconi Michele Cerabona e Niccolò Ghedini – De Gregorio, che proveniva da Forza Italia e che era andato all'Idv per mera convenienza elettorale, voleva tornare nel centrodestra». E Idv, grazie a De Gregorio, risorge. Antonio Di Pietro è parte civile. E già promette scintille.

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