L'incontro ravvicinato con la politica fa venire i brividi. La realtà supera i resoconti dei giornalisti, sempre troppo buoni quando stendono le loro cronache. I protagonisti del Palazzo non sono watussi, ma pigmei. Lo abbiamo scoperto grazie allo streaming, specchio della verità, che ieri ci ha consentito di seguire in diretta l'incontro storico fra Pier Luigi Bersani, nominato esploratore (non premier) da Giorgio Napolitano, e i due Ufo del Movimento 5 Stelle: Roberta Lombardi e Vito Crimi, capigruppo alla Camera e al Senato.
Uno spettacolo inedito. Un conto è vedere il segretario del Pd che, sicuro di sé, incline alle metafore rurali, pronto alle battute salaci, carico di ottimismo, arringa dalla tribuna il popolo ex comunista; un altro conto è assistere alla sua esibizione da cagnolino bastonato davanti a due grillini esordienti parlamentari. Una differenza abissale, come dal giorno alla notte. Intento a convincere gli interlocutori della necessità del loro appoggio per varare il governo di sinistra, Bersani sembrava Paolo Villaggio nei panni del ragionier Fantozzi.
Faceva pena, Pier Luigi. Parlava, parlava, impegnandosi al massimo per essere persuasivo; ma più parole gli uscivano dalla bocca e meno persuaso della bontà di ciò che diceva era lui stesso. Cercava disperatamente di trovare vocaboli acconci per conferire forza ai propri argomenti, ma proseguendo nel discorso si accorgeva di dare soltanto aria ai denti. I due capigruppo pentastellati ascoltavano aspettando con impazienza dissimulata che Bersani terminasse il suo fervorino. Ma egli continuava a rielaborare il medesimo concetto con asfissiante ripetitività. Intuiva che il momento era decisivo, che non poteva perdere l'occasione di vincere la partita, però gli mancava l'energia per piegare la resistenza sorniona della controparte.
Alla fine, esausto e rassegnato, si è rimesso al giudizio scontato di Roberta Lombardi e Vito Crimi: no su tutti i fronti, nessuna apertura. Essi non hanno avuto il coraggio di assumere un tono aggressivo nell'esprimere un rifiuto netto ai corteggiamenti supplichevoli di cui erano stati oggetto; affettando cortesia, con un sorriso malizioso hanno troncato il dialogo dopo avere precisato che M5S non intende collaborare coi barbogi della partitocrazia.
Il volto cupo di Bersani suscitava tristezza. Eravamo imbarazzati al posto suo per il grado di prostrazione in cui era sprofondato. Mai avremmo immaginato che il leader del Pd potesse umiliarsi tanto nel tentativo, vano, di strappare un sì a chi da un mese va in giro a strombazzare che mai e poi mai si accompagnerà con gli zombie.
Diciamolo con franchezza: chi glielo ha fatto fare a Pier Luigi di porsi nella condizione di venire respinto in quel modo, pur essendo al corrente degli umori serpeggianti nel club del comico ligure? A un politico della sua esperienza conveniva evitare di farsi riprendere in ginocchio, e con le dita fantozzianamente intrecciate, al cospetto di due parvenu, eletti capigruppo per grazia ricevuta.
Non fosse bastato lo scorno subito pubblicamente durante l'incontro in streaming, Bersani si è beccato più tardi gli insulti di Beppe Grillo che, sul proprio blog, ha dato la stura al tipico bagaglio di contumelie per strapazzare non soltanto il segretario che ha l'ambizione di diventare premier, ma chiunque negli ultimi vent'anni abbia menato le danze nel Palazzo e dintorni: Berlusconi, Cicchitto, D'Alema e Monti, definiti gentilmente «padri puttanieri», uomini colpevoli di avere rapinato del futuro le nuove generazioni, di avere governato a lungo, curato i loro interessi, smembrato il tessuto industriale, tagliato lo Stato sociale, distrutto l'innovazione.
Opinioni. Che non ci sorprendono. Ci inquieta, invece, che Bersani abbia avuto l'idea - per fortuna bocciata - di associarsi a Grillo allo scopo di risolvere i problemi italiani, scartando a priori l'ipotesi del governissimo, l'unica realizzabile nonostante tutto. Risultato: addio, Pier Luigi, alla prossima.
Adesso tocca a qualcuno più provveduto di lui provare ad assemblare una maggioranza capace di tamponare l'emorragia di fiducia nelle istituzioni. Difficile, non impossibile. Male che vada, si voterà di nuovo. Meglio alle urne che ai piedi di Grillo.
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