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"Vatileaks non è colpa mia E non influenzò Ratzinger"

L'ex Segretario di Stato vaticano: "Benedetto aveva già deciso di lasciare a metà 2012. Solo io sapevo e lo spinsi a rinviare"

"Vatileaks non è colpa mia E non influenzò Ratzinger"

Avrebbe voluto dimettersi «prima di Natale», poi «dopo ulteriore riflessione e preghiera prese la decisione irrevocabile di dare l'annuncio nella memoria della Madonna di Lourdes», l'11 febbraio. A distanza di un anno dalla rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino, ne parliamo con il cardinale Tarcisio Bertone, uno dei suoi più stretti collaboratori e uomo di fiducia, suo Segretario di Stato per sette anni.
A lui Benedetto XVI ha confidato la sua decisione già «a metà del 2012. Pensava al viaggio in Brasile per la Giornata mondiale della gioventù (luglio 2013, ndr) e diceva: sono anziano e non mi sento di affrontarlo». Il cardinale ci riceve nel salottino del suo appartamento, alla prima loggia del Palazzo apostolico. Un ambiente luminoso e accogliente, elegante ma senza sfarzo. Mi accoglie sulla porta, mentre suona mezzogiorno.

Come ha vissuto il periodo della rinuncia di Benedetto XVI?
«Il Papa aveva maturato la decisione da tempo, me ne parlò già a metà 2012. Sentiva il peso dell'età, soprattutto che per governare la barca di Pietro e far fronte alle sfide della Chiesa nel nostro tempo era necessario, come ha detto, il vigore sia del corpo sia dell'animo. Questo è il motivo fondamentale della sua decisione. Pensava alla Gmg in Brasile e diceva: non mi sento di fare questo viaggio alla mia età. Avrebbe voluto annunciarlo prima di Natale ma io, che ero l'unico a sapere, gli dicevo: deve pubblicare il volume sull'infanzia di Gesù, non intralciamo questo dono che fa alla Chiesa. C'era l'enciclica sulla fede in cantiere e l'anno della Fede appena iniziato, cercavo di insistere sul rinvio... Ma egli, dopo ulteriore riflessione e preghiera prese la decisione dell'annuncio nella festa della Madonna di Lourdes. Questa decisione ha un grande valore storico, ha provato la fede della Chiesa nel suo Fondatore. Benedetto XVI ha ripetuto tante volte: è il Signore che guida la Chiesa. Questo atto deve essere interpretato e compreso nella fede della Chiesa, non attraverso letture puramente umane».

Ci racconta del vostro rapporto?
«È cominciato quando è venuto a Roma come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma l'avevo conosciuto e stimato come studioso, già durante il Concilio. I nostri rapporti sono stati sempre improntati a stima e fiducia reciproca. Ricordo gli incontri, anche al di fuori delle udienze stabilite, le conversazioni, anche alla sua tavola, le sue annotazioni. Come Segretario di Stato ho sempre comunicato e condiviso con il Papa le questioni della Chiesa. C'è sempre stata una filiale obbedienza e una totale collaborazione. Anche in questo anno l'ho incontrato varie volte, l'ho sentito per telefono. È intellettualmente lucidissimo e dotato di una straordinaria memoria».

Non sono mancate critiche e fraintendimenti all'azione di Benedetto XVI…
«Infondate. Lo dimostra il fatto che di fronte all'altezza della sua personalità e del suo gesto si vanno dileguando, anzi crescono il ricordo e la stima. Sarà ricordato come un grande Papa, anche per le sue iniziative di riforma, la sua capacità di comunicare gioia e la sua santità personale, che ha il timbro della tenerezza e dell'umiltà. Il primo che lo ricorda è proprio Papa Francesco che è molto legato a lui anche come a un saggio consigliere. Gli vuole un gran bene e questo è un esempio per tutti».

Stessa dottrina, diversità di carattere. È solo questa la differenza tra Benedetto XVI e Francesco?
«La continuità è di sostanza tra questi due papi. I caratteri sono diversi, come la provenienza e l'esperienza pastorale, ma qui sta il bello! Il Signore è veramente stupefacente nello scegliere i suoi vicari, originale…».

Lei pur essendo più un pastore/teologo è stato a capo della diplomazia del Vaticano. Con Francesco riprendono spazio i diplomatici?
«Papa Francesco valorizza molto i pastori e vorrebbe che tutti coloro che hanno responsabilità nella Chiesa incarnassero la carità pastorale. Dimostra però di stimare molto i diplomatici: ne ha nominati alcuni in incarichi importanti in Curia e ha ripreso le udienze regolari con i nunzi. Le scelte dei Papi dipendono evidentemente dall'indole di ciascuno, dalla conoscenza personale e dalle qualità che ritengono idonee all'incarico da svolgere».

In che direzione va la riforma della Curia?
«La riforma della Curia è uno snodo che attraversa la storia della Chiesa da secoli. In tempi più recenti ricordiamo quella voluta da Paolo VI, profondo conoscitore dei dinamismi del governo centrale della Chiesa, e da Giovanni Paolo II. Ambedue hanno dialogato intensamente con i soggetti interessati e con le Conferenze Episcopali mondiali. Ora la Curia con il numero crescente di organismi ha bisogno di definire meglio le competenze, di operare uno snellimento e di uno sforzo di coordinamento. Finora il Segretario di Stato è il referente tra i dicasteri e il Papa, il coordinatore dell'unità degli indirizzi e dell'armonizzazione degli atti. È stata proposta la figura di un moderator Curiae che dovrebbe svolgere esattamente questa mansione e bisogna studiare bene la cosa. Il Consiglio degli otto cardinali ha fra l'altro il difficile compito di armonizzare le diverse funzioni ai vertici della Chiesa».

È auspicabile lo «sdoppiamento» di ruoli?
«La riflessione è aperta. Certo il Segretario di Stato ha un carico immenso di lavoro all'interno della Chiesa e nelle relazioni con gli Stati e le Organizzazioni internazionali (Prima e Seconda sezione della Segreteria di Stato). Mi sembra che Papa Francesco non abbia ancora maturato una sua idea e che aspetti le proposte e i suggerimenti».

Benedetto XVI lavorava a una riforma della Curia?
«Era ben cosciente della molteplicità di organismi della Curia e della necessità di coordinamento e di snellimento. Aveva presente il problema ed era convinto della necessità di affrontarlo. Tuttavia la sua riforma ha puntato molto sulla conversione del cuore delle persone e si è concentrata sulle questioni urgenti e difficili come quelle di dotare la Chiesa di una legislazione contro la pedofilia, contro il riciclaggio di denaro sporco e per l'antiterrorismo».

Vatileaks: ritiene di avere responsabilità? Le decisioni di Francesco riflettono le conclusioni dell'inchiesta?
«Non capisco di cosa dovrei fare ammenda in relazione alla fuga di documenti riservati che erano sul tavolo del Papa. Mi rammarico di non essere riuscito a frenare lo scandalo. Con Papa Benedetto abbiamo condiviso questa sofferenza e devo dire che mi sono sentito sostenuto dalla sua fiducia. Era un esempio di pazienza e di rettitudine di giudizio. Conoscendo bene il mio impegno e la mia fedeltà mi ha sempre difeso. Anche Papa Francesco nel primo incontro in Cappella Sistina dopo l'elezione mi ha detto: "La ringrazio per la sua fedeltà e la sua lealtà"».

A quanto lei sa, le decisioni di Papa Francesco riflettono le conclusioni della commissione d'inchiesta?
«Credo che almeno in parte le decisioni di Francesco siano orientate dalla lettura delle conclusioni dell'inchiesta e dalle sue conversazioni con Benedetto XVI, ma non credo che quel "dossier" sia così determinante. Credo che in pari tempo siano motivate dalle riflessioni fatte dai cardinali durante le Congregazioni Generali prima del Conclave, e dalle informazioni progressivamente assunte nella vasta rete di relazioni che intrattiene».

Cosa risponde sullo scandalo Ior?
«Si è esagerato molto. Nei decenni scorsi ci sono stati dei comportamenti deplorevoli che hanno gettato ombre sull'Ior, ma negli ultimi anni si è avviato un percorso di buona amministrazione e adeguata verifica dei clienti, secondo le leggi di antiriciclaggio. Per quanto mi riguarda ho notato che a volte si è attribuito un potere quasi assoluto al Segretario di Stato, come se tutto derivasse da una sua volontà di accentramento, mentre ci sono competenze specifiche esercitate a norma di Statuto. Il board laico del Consiglio di Sovrintendenza, la Direzione Generale e la Commissione Cardinalizia di Vigilanza svolgono ciascuno delle specifiche mansioni».

Hanno fatto discutere le nomine allo Ior con Benedetto XVI già dimissionario.
«È una coincidenza che dà nell'occhio, ma la ricerca del nuovo presidente era cominciata già a giugno 2012. C'è un tempo fisiologico di esame delle persone professionalmente competenti, moralmente integre e compatibili con la natura di questo ente. Prima di Natale i cardinali hanno indicato la scelta che poi è stata pubblicata. Il Papa ha seguito tutti i passi ed è intervenuto alla fine ad approvare la scelta. Fra l'altro, conosceva la famiglia di Ernst von Freyberg».

Sui temi etici, con Papa Francesco c'è un cambio di direzione?
«Non c'è alcun cambiamento della dottrina morale ma un approccio pastorale rivolto alle situazioni del nostro tempo e alle sfide che la cultura dominante ci pone.

La Chiesa Madre viene incontro con misericordia ma con chiarezza alle difficoltà che attraversano giovani, famiglie e la società tutta».

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