«Inutile imporre nuove regole Il linguaggio cambia per natura»

Nicoletta Maraschio, docente di storia della lingua italiana all’università di Firenze, è la presidente dell’Accademia della Crusca: difendere la lingua italiana da attacchi e semplificazioni selvagge è il suo ruolo. Anche se la lingua cambia e «non si può parlare come un libro stampato».
Che pensa della proposta francese?
«L’idea di una riforma ortografica è già stata avanzata per il tedesco e il portoghese, specialmente per quello parlato in Brasile. Ci sono molte proposte di semplificazione, ma è difficile che abbiano successo: certe abitudini sono consolidate».
Anche l’italiano può aver bisogno di semplificazioni?
«Dal punto di vista ortografico c’è poco margine. Anche se alcune novità sono state introdotte dal linguaggio degli sms: l’uso della “k”; le semplificazioni nell’utilizzo di accenti e apostrofi. Fino ad ora, però, queste modifiche non sono passate a livello normativo: quindi a scuola è giusto continuare a insegnare la grafia tradizionale».
L’abbandono del passato remoto e del congiuntivo sono tendenze ormai consolidate?
«Bisogna stare attenti a intervenire dall’alto. È vero che ci sono tendenze in atto ma, più che subirle passivamente, è meglio osservare e riflettere. Il passato remoto è poco diffuso nel Nord Italia, ma è ancora indispensabile nella narrazione, o quando si racconta una fiaba. Se poi qualcuno dice: “Io credo che” e non lo fa seguire dal congiuntivo, in classe l’insegnante dovrebbe spiegare la differenza fra l’uso comune, parlato, e quello corretto».
Quali sono le trasformazioni più evidenti?
«Nel lessico il ricorso a neologismi, soprattutto anglosassoni, non sempre utili. Uno su tutti: welfare. Poi la sintassi, sempre più segmentata. Sul piano morfologico è diffuso il “gli” al posto del plurale e del femminile; e si semplificano tempi e modi verbali».
E la punteggiatura?
«Si è quasi abbandonato il punto e virgola, che è una pausa intermedia fra la virgola e il punto fermo. Ormai si usa soltanto il punto: un’abitudine che rispecchia l’andamento frammentato del parlato, ma che rischia di diventare un abuso. Tutti siamo contrari ai periodi lunghi e pieni di subordinate, ma non bisogna neanche esagerare in senso opposto. La punteggiatura aiuta molto l’espressione, è bene recuperare l’utilizzo del punto e virgola, così come dei due punti. Magari spiegando ai ragazzi a che cosa servano».


I cambiamenti della lingua sono ineluttabili? Vanno accettati passivamente?
«Certo che no. La nostra lingua ha una ricchezza secolare: va tutelata, anche se varia a seconda delle situazioni. Non bisogna parlare come un libro stampato».

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