Caro Direttore,
due righe in relazione alla mia decisione di abbandonare lavvocatura, con laugurio, se pubblicata, che possa avere un qualche effetto consolatorio per chi rimane. Dopo aver trascorso una trentina danni tra le aule giudiziarie milanesi, quale avvocato civilista, ho pensato bene di salutare la compagnia anzitempo, non potendone più di sopportare tutte quelle storture e tutti quei disservizi che vanno in gran parte a vanificare gli sforzi posti sul campo per svolgere al meglio la professione. Non credo sia il caso di addentrami nel merito di vicende ben conosciute e spesso pubblicate anche sui maggiori quotidiani nazionali, tengo comunque a riportare un piccolo aneddoto che trovo assai illuminante per chiarire, a chi non è solito frequentare tali ambienti, il clima con cui, non sempre ma spesso, ci si trova a dover fare i conti nel condurre un procedimento giudiziale: nel corso di unudienza il giudice rinvia la causa a tre anni di distanza. Il mio avversario che aveva un interesse ad abbreviare i tempi, e che la giovane età lo portava ancora a delle pie illusioni, chiede al magistrato se fosse stato possibile anticipare ludienza. Il giudice si fa riflessivo e dopo un breve ripensamento prende il verbale e modifica la data, anticipando non il giorno né il mese né lanno, ma lorario di un quarto dora! Da contrappeso poi a tale svilente andazzo che, se non costituisce la regola, bene illustra le gratuite difficoltà con cui fare i conti (espressione brutta ma efficace), stanno poi le aspettative dei clienti che, seppur consapevoli di tutti i guai che affliggono quel che viene chiamata giustizia, quando vengono direttamente coinvolti si sorprendono ma quello che fino a ieri hai letto e condiviso sui giornali oggi non vale più?! - e chiedono e vogliono giustificazioni da chi, come unica colpa, ha quella di avere creduto che comportamenti come quelli sopra riportati si sarebbero potuti riscontrare soltanto in teatri di cabaret e simili, ma non in aule giudiziarie. È per questo che dora in poi invece che le aule giudiziarie andrò a frequentare le sale di teatro, qui almeno nel bene o nel male incontrerò delle risposte coerenti con il luogo.
- Milano
Caro avvocato, che dirle? La scena che lei descrive è davvero straordinaria: si rinvia la causa di tre anni, si fissano mese, giorno e ora, il giovane avvocato chiede: «Si può anticipare un po?». E il giudice come se fosse una cosa normale: «Ma certo». E anticipa lorario di un quarto dora... Cè altro da aggiungere? Nel suo libro «Magistrati lultracasta», Stefano Livadiotti racconta di una 83enne di Vicenza che nel 2005 aveva fatto causa a una Cassa rurale: ludienza è stata fissata nel 2014. «Vedrò di riguardarmi, di evitare ogni eccesso, così da essere ancora in salute», ha commentato con invidiabile filosofia lottuagenaria. Del resto a due settantenni di Foggia, ex braccianti, che nel settembre 2007 hanno chiesto allInps il ricalcolo della pensione, la prima udienza è stata fissata addirittura nel 2020... Se tutto va bene, è stato stimato, la sentenza potrebbe arrivare nel 2030, quando, se saranno fortunati, i due braccianti avranno entrambi più di 90 anni. Vogliamo andare avanti, caro avvocato? Mi pare di no. Almeno lei, se ho capito bene, non vuole più andare avanti. Ed è un peccato. Sabato entra in vigore il nuovo processo civile. Mi piacerebbe capire se qualcosa finalmente cambiarà davvero.
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