Una famiglia stesa dallinfluenza A: la mia. Generalmente è il bambino, cinque anni e un po di mesi, a svolgere con scrupolo il compito delluntorello. Porta a casa di tutto; lui guarisce in quattro e quattrotto, poi mia moglie se la cava con qualche giorno in più, infine tocca a me, e io, per guarire, ci metto il doppio dei giorni di mia moglie e il triplo di mio figlio.
Questa volta, però, la consueta successione del contagio non ha seguito una consolidata tradizione. Mia moglie, insegnando nella cloaca dellinfezione, la scuola, è stata la prima ad ammalarsi. Ma non ci avevo fatto troppo caso perché, sia per la sua educazione votata al sacrificio, sia per essere buona amica del ministro Brunetta che non intende deludere, stoicamente non si piega mai al morbo ed è capace di andare a scuola con la febbre. E invece... non riusciva ad alzarsi dal letto, come se avesse ricevuto una martellata in testa.
Io e mio figlio la guardavamo stupiti, un po preoccupati da quella situazione affatto nuova per noi, un po divertiti, lo confesso, di vedere alla nostra mercede il sergente prussiano di casa. Tanto è vero che avevamo anche pensato, essendo assolutamente certi che questa disgraziata influenza fosse proprio cattiva, di fare armi e bagagli e trasferirci dalla nonna per evitare il contagio.
Ma è prevalso il sentimento della carità e con quello il mio fatalismo. Come Tonio mi sono detto: «A chi la tocca, la tocca». E infatti è toccata a mio figlio. Se mia moglie era stremata a letto, incapace di alzarsi, pur dando evidenti segni di vita, il bimbo sembrava completamente privo di forze. Da tre giorni la febbre gli arrivava a 40, 41, non voleva mangiare niente, facevo fatica a dargli da bere un po di acqua e zucchero. Il pediatra, venuto a visitarlo, diceva che non aveva nessuna complicazione polmonare e cardiaca. Bisognava aspettare che il virus facesse il suo decorso.
Intanto mia moglie si riprendeva piano piano, senza mai aver fatto ricorso al dottore, perché curarsi per lei significa prendere pillole di erbe, tisane e altri intrugli disgustosi. Con autorevolezza esercito la patria potestà e quindi proibisco che a mio figlio siano date quelle pillole e quelle tisane. Pretendo la medicina tradizionalissima e mi arrabbio per il fatto che il vaccino non fosse a disposizione per bambini ed insegnanti che frequentano la scuola, cioè il centro dellinfezione.
Però mi dicevo che se mia moglie stava guarendo con quegli intrugli, voleva dire che linfluenza non doveva essere così cattiva come sembrava. Intanto, da tre giorni, il bimbo era a letto senza forze, proprio lui che quando si prendeva uninfluenza «normale» era difficile tenerlo disteso o solo seduto in poltrona, tanta energia profondeva nonostante la malattia. Nel vederlo così, con gli occhi chiusi, ansimante, raggomitolato su se stesso, ero terrorizzato. Il quarto giorno sento che mi chiama: «Papà... ho fame». Mi sono venute le lacrime agli occhi. Passato tutto, come se niente fosse stato. Per precauzione è rimasto a casa un giorno completamente sfebbrato, poi nessuno lha più trattenuto ed è tornato a scuola.
La sua classe, ovviamente, è decimata. Partecipando a una trasmissione televisiva sul tema dellinfluenza, avevo chiesto a dei medici che sembravano sapere di tutto e di più, se il mio bimbo avrebbe potuto contrarre nuovamente linfluenza: si sa che le ricadute sono sempre gravi. Mi è stato risposto vagamente, così come nessuno ha saputo dirmi se è il caso di vaccinarlo adesso. Poiché i genitori dei bambini che hanno superato linfluenza si pongono il mio stesso problema, sarebbe opportuno che qualcuno ci desse dei consigli non opinabili. E poi chiedo perché non si proceda con periodicità alla disinfezione delle aule scolastiche, e si debba assistere con il fatalismo di Tonio al contagio generalizzato e progressivo.
Adesso tocca a me. E infatti, puntuale, mi piglia linfluenza. Avevo fatto il vaccino stagionale, come mia abitudine da ventanni, dopo che un banalissimo virus neurolettico dellinfluenza mi aveva reso afono per undici mesi, un disastro che avrei potuto evitare se solo mi fossi vaccinato. Quindi, non temete i vaccini: salvano la vita.
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