Io senatore a vita? Come Indro, direi no Anche se forse...

Io senatore a vita? Come Indro, direi no Anche se forse...

Ringrazio il lettore Enzo Ruggieri per la sua proposta. Che considero un prezioso segno di personale stima e amicizia. Pur sapendo che nel Palazzo l’idea di Ruggieri non troverebbe mai sostenitori - e non dico che sia colpa del Palazzo - fingo di ritenerla attuabile solo per abbozzare una mia risposta. Che è, in buona sostanza, la stessa di Indro Montanelli. No. Non vorrei essere frainteso. Tra le due situazioni c’è un abisso. Per me l’idea del laticlavio viene da un simpatico lettore, per Montanelli veniva da Francesco Cossiga, presidente della Repubblica. Il mio è un rifiuto del nulla, quello di Indro era il rifiuto di una concreta possibilità, anzi di una certezza. Tuttavia insisto, per amore di discussione, nel chiarire le ragioni del no.
La prima ragione riguarda i pannoloni. Durante l’agonia del governo di Romano Prodi, ripetutamente salvato in Parlamento dai voti dei senatori a vita, Vittorio Feltri ironizzò più volte, appunto, sui «pannoloni». Così accennando all’età e agli acciacchi dei vegliardi costretti ad accorrere a Palazzo Madama. Poiché anagraficamente sono anch’io da «pannoloni», non vorrei un giorno vedermi esposto al sarcasmo feltriano.
La seconda ragione è di carattere più generale e riecheggia il no montanelliano. Ho la convinzione che i giornalisti, se vogliono restare tali, non debbano partecipare alla politica politicante. O se partecipano debbano uscire dal giornalismo. (Lo stesso criterio secondo me vale per i servitori dello Stato, magistrati, prefetti, ambasciatori, generali). So che alcuni colleghi giornalisti siedono degnamente in Parlamento, e mi guardo bene dal contestare le loro decisioni. Probabilmente sono io che sbaglio, o che non ho le qualità necessarie per la candidatura (Giovanni Spadolini mi offrì d’entrare nelle liste del Partito repubblicano, avrei avuto probabilmente una funzione da portatore d’acqua, senza chances di riuscita, comunque declinai).
Nel Giornale di Montanelli furono non solo ammesse ma fortemente sponsorizzate le candidature di due pezzi da novanta, Enzo Bettiza e Cesare Zappulli, entrambi eletti. Più tardi Montanelli confessò che quella iniziativa era stata un errore, che conveniva star fuori dalle stanze dei bottoni, per valutare chi le occupava. Ero e sono del suo stesso parere. I condizionamenti partitici possono imbrigliare la libertà del giornalista.
I senatori a vita sono diversi dagli altri parlamentari, manca loro una consacrazione elettorale, hanno invece, o dovrebbero avere, un riconoscimento della società e delle istituzioni per le loro qualità civiche. Ma poi la politica meschina s’intrufola. Vedi, appunto, i «pannoloni». Chiudo qui un discorso che resta del tutto teorico, ma che mi ha dato modo di esprimere qualche considerazione.
P.S.

Ma è poi sicuro che se per davvero mi fosse offerto d’essere senatore a vita saprei dire di no come Montanelli? Bisognerebbe vedermi alla prova.

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