Iole fatta a pezzi con la sega Il falegname: "Innocente"

L’autopsia sulla figlia del notaio rapita e uccisa in Veneto rivela particolari agghiaccianti. Il corpo smembrato in 29 parti. Il falegname si difende: "Non sono stato io". Per gli inquirenti potrebbe aver avuto un complice

Iole fatta a pezzi con la sega 
Il falegname: "Innocente"

Treviso - «Non sono stato io». Nega tutto, anche l’evidenza, il falegname Michele Fusaro, rinchiuso e guardato a vista in carcere a Vicenza. E l’evidenza ha un nome e un cognome, Iole Tassitani, sgozzata, tagliata con la perizia del macellaio di professione in ventinove pezzi e infine rinchiusa diligentemente in tre sacchi di cellophane conservati con cura maniacale, al punto di usare dei fornelletti di deodorante per evitare la diffusione di sgradevoli odori nel garage del quarantenne di Bassano del Grappa.

«Non sono stato io», ha ripetuto ieri con forza all’avvocato di fiducia, il padovano Carlo Covi, che l’ha trovato «molto provato, con un disperato bisogno di aiuto, una persona che fatica a reggersi in piedi e che non ha toccato cibo da quando è entrato in cella». E che, al momento, non ha spiegato perché tenesse in garage da qualche giorno i resti della povera Iole, rapita il 12 dicembre scorso a Castelfranco Veneto con lo scopo di spillare 800 mila euro al padre notaio.

«Non sono stato io». Sarà, ma alcune risposte, raccapriccianti, arrivano dai primi risultati dell’autopsia eseguita da Massimo Montisci, il medico legale che si è occupato anche del caso di Gorgo al Monticano, dove nell’agosto scorso due albanesi seviziarono e uccisero durante una rapina i coniugi Pellicciardi.
Secondo queste prime analisi Iole sarebbe stata uccisa sei-sette giorni dopo il rapimento. Come sia stata trattata lo lasciano intendere i segni trovati sul corpo smembrato della donna. Iole aveva il volto tumefatto, segno inequivocabile di percosse; a un certo punto la situazione deve essere precipitata e il rapitore ha deciso di diventare un assassino. Sul collo della quarantaduenne di Castelfranco sarebbero evidenti i segni di quella che è ritenuta la causa della morte: Iole Tassitani sarebbe stata sgozzata con un coltellaccio, un colpo solo, mortale, prima del delirio.

«Non sono stato io», insiste l’operaio che custodiva in casa una sorta di agendina con segnati i nomi di diverse donne, tra cui quello della vittima. E il seguito della storia, effettivamente, aggiunge due grandi ombre in questa saga dell’orrore. Per il professor Montisci, un uomo solo difficilmente avrebbe potuto conciare a quel modo il corpo di Iole. Ventinove pezzi, di cui due integri, la testa e il tronco, il resto sistemato con una perfezione e una cura che lascerebbero intendere l’assistenza di altre persone. L’autore, o gli autori, avrebbero usato una sega elettrica circolare, visto che le ossa mostrano tagli netti, senza scheggiature. Nei sacchi, poi, è stato trovato pochissimo sangue, e i resti si sono così potuti conservare più a lungo, rallentando la putrefazione.

Manca, tuttavia, ancora un dettaglio importante per l’inchiesta. Dove è stata uccisa Iole Tassitani? Il garage di Bassano è da escludere: tutto troppo ordinato, perfino coi vestiti della povera donna ripiegati o ordinati, lo stesso ordine che regnava nel lindo appartamento del quarantenne. E nemmeno può essere successo nella fabbrica di Romano d’Ezzelino dove Fusaro lavorava e dove, però, sono stati trovati i suoi scarponcini macchiati di sangue.

Per completare il mosaico dell’orribile delitto manca dunque il tassello della prigione dove è stata custodita e dove probabilmente è stata uccisa la figlia del notaio. Troppo poco per far ritenere credibile la disperata e monotona difesa di quest’uomo nel cui garage sono stati trovati i sacchi con i 29 pezzi del cadavere e che si ostina a ripetere: «Non sono stato io».

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