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Irak, la guerriglia alza il tiro: rapito l’ambasciatore d’Egitto

È il primo rappresentante arabo del dopo-Saddam

Gian Micalessin

Era arrivato da un mese e doveva diventare il primo ambasciatore arabo del nuovo Irak. Ma l'apprendista ambasciatore è stato rapito sabato sera, prima ancora d'esser designato. Ihab al Sherif, 51 anni, il capo della missione egiziana in Irak in attesa di presentare le proprie credenziali al governo di Bagdad, è stato circondato da un gruppo di uomini armati mentre girava senza scorta in un mercato di Bagdad e fatto sparire. La vicenda rischia di aver pesanti ripercussioni politiche e diplomatiche. La nomina di Al Sherif era attesa dal governo iracheno e da Washington come la fine di un tabù. La disponibilità del governo egiziano serviva a infrangere quel fronte del rifiuto arabo che rimandando la nomina di ambasciatori ufficiali negava piena legittimità all'esecutivo di Bagdad.
Il rapimento, forse studiato ad arte forse facilitato dall'imprudenza del rapito, rischia di mandare all'aria gli sforzi fatti da Washington per convincere il presidente Hosni Mubarak a far da apripista sul terreno delle relazioni diplomatiche con Bagdad. Di certo l'idea dell'apprendista ambasciatore di uscire da solo, poco prima del tramonto e guidare un'automobile con targa diplomatica nella zona di Rabiaa non è stata né saggia né prudente. Non pago di sfidare la sorte muovendosi in una città dove i rapimenti, motivati anche da semplici ragioni economiche, sono all'ordine del giorno al Sharif firma la propria condanna fermandosi per acquistare un giornale.
Il commando di sequestratori rimastigli alle calcagna sin dall'uscita dalla residenza non si fa sfuggire l'occasione. Secondo alcuni testimoni, il diplomatico si ritrova circondato da almeno otto militanti armati che l'accusano d'essere una spia americana e lo colpiscono alla nuca con il calcio d'una pistola. Poi Al Sherif sparisce nel baule di un auto che s'allontana a tutta velocità. Neppure l'arrivo, pochi minuti dopo, di un convoglio Usa e l'immediato allarme permettono di rintracciare il gruppo dei rapitori.
Al Sharif è il secondo diplomatico egiziano rapito in Irak. Prima di lui, nel giugno 2004, era stato sequestrato e poi rilasciato il terzo segretario Mohammed Mamdouh Helmi Qutb. Sperando in un epilogo simile, il viceministro degli Esteri egiziano Hani Khallaf si è subito rivolto ai rapitori. «Al Sherif è in Irak per servire gli interessi della popolazione - ha detto il viceministro - e quindi ci aspettiamo venga trattato in una maniera compatibile con la sua missione umanitaria , nazionale e panaraba».
Il rapimento ha preceduto di poche ore l'arrivo a sorpresa, domenica mattina a Bagdad, del ministro della Giustizia americano Alberto Gonzales. L'inattesa visita del ministro che ha incontrato truppe e vertici militari, viene correlata ai preparativi per l'avvio del processo a Saddam Hussein e agli altri gerarchi del passato regime.
L'usuale quotidiana miscela di attentati ha causato ieri la morte di almeno otto iracheni, tra cui due poliziotti vittime di un'autobomba a Kirkuk e il figlio del generale della polizia Abdul Hussein Hamid Khalaf sopravvissuto invece all'imboscata contro la sua auto nel centro della capitale. Un'altra auto imbottita d'esplosivo ha ferito due militari americani di guardia ad un posto di blocco a Ramadi. Nella stessa città sabato notte era esploso, per ragioni ancora sconosciute, un Ch 47 Chinook americano. Nell'incendio del grande elicottero da trasporto è rimasto ferito un membro dell'equipaggio. L'uccisione di Salah Jamor, un 49enne cittadino svizzero di origini curde, ucciso per errore dal fuoco di una pattuglia americana a Bagdad rischia invece di avvelenare i rapporti tra Berna e Washington.

Gli americani hanno espresso il proprio rammarico, ma il ministero degli esteri elvetico ha chiesto piena luce sulla vicenda.

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