di Fiamma Nirenstein
Era logico che prima o poi Israele si risentisse, come una fidanzata tradita, dellatteggiamento ostile della Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Ma lha fatto senza calcolare bene le sue reazioni: sempre per restare al paragone con lumana fragilità, il tradimento dopo tanti anni di fragile e preziosa vicinanza con un Paese musulmano in mezzo allostilità dei vicini islamici, ha causato a Israele una crisi di nervi che accelera per i due Paesi mediorientali una pericolosa rottura già nellaria. Il presidente Gül, a sentire la televisione turca, ha minacciato di rompere le relazioni se le scuse formali non fossero pervenute entro la serata di ieri. La storia di questi giorni parla di oggetti e simboli, poltrone e bandiere, microfoni e strette di mano: il vice primo ministro degli Esteri Danny Ayalon, dato che la Tv turca ha messo in onda un serial in cui i soldati israeliani ammazzano per divertimento sadico qualche bambino, ha invitato lunedì alla Knesset lambasciatore Oguz Celikkol per protestare, ma si è mosso allorientale. Gli ha mostrato cortesia e gentilezza nellesprimergli alcune rimostranze, ma dietro le spalle aveva istruito la tv a mostrare solo volti corrucciati, lambasciatore seduto su una poltrona più bassa, una sola bandiera in vista, quella israeliana. Niente strette di mano. Lambasciatore si era stupito della presenza della tv, ma la sedia laveva semplicemente giudicata più comoda; e poi cera stata, ha detto, una stretta di mano, chi avrebbe detto che gli israeliani lavrebbero censurata in tv. Una trappola ha protestato, e la Turchia ha chiesto scuse formali, pena richiamare lambasciatore. La minaccia è stata ribadita ieri dopo che Ayalon ha porto scuse poco convincenti. Netanyahu e il ministro degli Esteri Lieberman hanno aspettato molte ore per dire, in sostanza, che la Turchia ha torto ma Ayalon poteva far meglio. E il ministro della Difesa Ehud Barak ha ribadito che domenica andrà in Turchia come programmato, anche se Erdogan ha fatto sapere di non volerlo incontrare. La vicenda è la goccia che fa traboccare un vaso che la Turchia ha in questi mesi coscientemente riempito.
La Turchia di Erdogan infatti è ormai difficile da immaginare come la potenza musulmana mediatrice che si distingueva per la sua operosa presenza nel campo della pace. Obama stesso, che vi compì la sua prima visita presidenziale, laveva vista come una porta aperta verso lIslam, un Paese in cui la tradizione musulmana si mischia con quella laica e innovativa di Kemal Ataturk. In fondo è stata questa la valutazione che ha anche spinto in tutti questi anni la Comunità Europea a chiedersi se la Turchia possa farne parte. Di fatto, lEuropa con le sue incertezze e talvolta con petulanza è quella che ha esacerbato i sentimenti turchi, spingendoli a rendere la solidarietà islamica una della sue maggiori guide in politica estera e interna. Israele è stata la vittima sacrificale della svolta turca, la sua bandiera. Non cè stata occasione diplomatica in cui Erdogan non abbia dato sfogo a una profonda antipatia e riprovazione verso lo Stato dIsraele: fece grande scalpore la serie di insulti lanciati pubblicamente a Davos da Erdogan al Premio Nobel presidente di Israele Shimon Peres. Da allora a letteralmente due giorni or sono quando in visita al primo ministro libanese Saad Hariri, Erdogan ha di nuovo sentito il bisogno di chiarire che lui ritiene che Israele minacci la pace mondiale, le prese di posizione antisraeliane sono state moltissime. Fra queste, escludere Israele dalle consuete manovre militari Aquila Anatolica: per questo, Usa e Italia cancellarono la loro presenza.
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