«Le istituzioni snobbano la musica popolare»

Per qualità siamo secondi solo agli americani

«Le istituzioni snobbano la musica popolare»

Jazz, musica popolare napoletana e divertimento. Un cocktail che non fallisce mai se a shakerarlo è Renzo Arbore alla guida dell’Orchestra italiana che, girando il mondo con i suoi show, oggi alle 16 approda a Piazza del Popolo per la Festa dell’Unità nazionale (collegamento in diretta alle 18.10 su Raiuno, all’interno di Domenica in) .
«Ormai sono ovunque, sono l’unico artista che è riuscito a suonare a Mosca nella Piazza Rossa»
E l’Unità Nazionale che c’entra con la canzone napoletana?
«Be’ noi siamo la memoria storica della canzone napoletana che è, tra le nostre melodie, quella più nota all’estero. Ad esempio ’O sole mio è il brano in assoluto più famoso al mondo, mentre Summertime è al secondo o al terzo posto. E comunque oggi avremo un repertorio speciale».
Cioè?
«Avremo con noi anche il coro dell’Associazione Alpini e celebreremo la musica tradizionale con brani come Vola vola vola, L’uva fogarina. Le canzoni non muoiono con l’interprete; io continuo a rivalutare il nostro patrimonio. Vecchio frac e Volare dovrebbero far parte di ogni antologia di brani internazionali. Abbiamo musiche straordinarie ma non le sappiamo valorizzare, mentre le canzoncine mordi e fuggi, senza arte ne parte, la fanno da padrone».
Ci pensi lei a mettere le cose a posto.
«In Cina sono impazziti ascoltando i nostri concerti, ho convinto Ray Charles a interpretare ’O sole mio: la mia parte la faccio ma da solo. Le istituzioni snobbano la musica. Anche artisti come Bocelli, Pausini, Ramazzotti, hanno sfondato all’estero a loro rischio e pericolo. Si esporta la gastronomia, la moda, il cinema, l’arte ma della canzone proprio non se ne parla. Eppure secondo me sarebbe uno straordinario veicolo di promozione turistica. La gente viene a Napoli per ascoltare la canzone napoletana, peccato che poi la trova solo nei bar o per la strada. Ma oggi forse col ministro La Russa che ci ha chiamato oggi qualcosa sta cambiando
Siamo provinciali?
«Può darsi, ma le nostre canzoni per qualità sono seconde solo all’America e qualitativamente - a parte il fenomeno beat - superiori a quelle inglesi. Speriamo che il tempo faccia da giustiziere.

Bisogna recuperare lo spirito creativo del Novecento prima che vada perso completamente: sulla nostra musica popolare c’è ancora molto da scoprire».
Quindi lei non molla.
«Mai, da un lato le radici, dall’altro il jazz e il blues; a volte, possibilmente tutto insieme, ma sempre all’insegna della qualità e del buongusto».

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