Cultura e Spettacoli

Gli italiani a Venezia: Amelio e Crialese scoprono nuovi mondi

I due film in gara, «La stella che non c’è» e «Nuovomondo», parlano entrambi di viaggi, migrazioni, ricerca di un posto dove riscattare la vita

Carlo Faricciotti

Il cinema italiano fa capo a Venezia per salpare verso nuovi mondi. A Ovest, verso New York, o meglio Ellis Island, la porta dell'America e verso Est, verso la Cina. Il caso o forse una scelta voluta hanno fatto sì che i due film italiani in concorso a Venezia 2006, Nuovomondo di Emanuele Crialese e La stella che non c'è di Gianni Amelio parlino ambedue di viaggi, migrazioni verso le punte estreme del globo, ricerca di opportunità per riscattarsi, rifarsi una vita. Il film di Crialese, al suo terzo lavoro dopo Once we were strangers (mai distribuito in Italia) e l'affascinante ma poco visto Respiro, racconta di come, agli inizi del Novecento in Sicilia, una famiglia intera decida di lasciarsi il passato alle spalle e iniziare una vita nuova in quello che allora era il Nuovo Mondo, gli Stati Uniti d'America. Salvatore Mancuso, il capofamiglia, vende tutto: la casa, la terra, gli animali, per portare i figli e la vecchia madre in un posto dove ci sarà più lavoro e più pane per tutti. Crialese ha diviso il film in tre capitoli, un trittico che segna «il passaggio dall'antico al moderno. Dalla tradizione, da una cultura che implica il mistero, religioso o esoterico, l'uomo si avvia verso il Nuovo Mondo, il nuovo secolo. La nave è il momento di passaggio, la rinuncia all'identità e alla memoria per un futuro ancora ignoto». Una nave, «il Titanic dei poveri nascosto sotto quello dei ricchi», in cui regna sottile e allo stesso tempo fitta un'atmosfera di mistero. A bordo i Mancuso conoscono anche Lucy, Charlotte Gainsbourg (figlia di Charles Gainsbourg e Jane Birkin), una ragazza anglosassone libera ed emancipata, pure lei in cerca di nuovi orizzonti, dopo un passato da prostituta. La loro meta sarà prima Ellis Island, l'isoletta nella baia di New York dove approdavano i piroscafi dall'Europa - «Oltre ventimila furono i suicidi di Ellis Island. Gente che non resisteva al trauma del cambiamento, alle vessazioni dell'ufficio immigrazione che sottoponeva poveracci analfabeti ad assurdi test psicologici» racconta Crialese - poi il Nuovomondo tanto favoleggiato, infatti in origine il film doveva intitolarsi The Golden Door, La porta d'oro. Se quello di Crialese, che esce in sala il 22 settembre, non è un film sull'emigrazione, ma «sulla volontà di cambiare, sulla voglia di abbandonare qualcosa che si conosce per qualcosa di ignoto» quello di Amelio, ispirato al romanzo di Ermanno Rea La dismissione, è, nelle parole del suo autore «il racconto di un incontro fra noi e il nuovo mondo del futuro, fra un italiano speciale e una donna cinese che riassume le contraddizioni del nuovo capitalismo-comunismo». Lo spunto iniziale del film (nei cinema dall'8 settembre) è infatti che l'operaio specializzato, ma disoccupato, Vincenzo Buonavolontà (Sergio Castellitto), insegua i pezzi dello stabilimento acquistato e smontato dai cinesi fino nel cuore della Cina, perché convinto che l'altoforno venduto non sia in buone condizioni. Vincenzo vuole ostinatamente trovare il guasto perché non succedano, com'è già accaduto, incidenti gravi agli operai che dovranno manovrarlo. Vola così a Shanghai per consegnare di persona la centralina idraulica modificata che permetterà all'altoforno di funzionare perfettamente. Ma lo aspetta una sorpresa: nessuno sa o vuole dire dove sia finito l'altoforno... Inizia così l'odissea di Buonavolontà in una Cina che non somiglia affatto all'immagine che ne aveva da lontano. Accompagnato da Liu Hua, una ragazza poco più che ventenne, studentessa di italiano, Vincenzo percorre in lungo e in largo il grande Paese alla ricerca del «suo» impianto. A chi domanda «Chi glielo fa fare a Vincenzo di andare in Cina?» Amelio risponde: «Buonavolontà è l'ultimo degli individualisti del lavoro, di quelli che dicono “non mi interessa che cosa sarà domani di questa cosa che faccio, ma il momento in cui la faccio“. Vincenzo non tira a campare, non partecipa alla mobilitazione sindacale contro la dismissione. Risponde alla sua coscienza che gli impone la massima efficienza in ciò che gli compete». E pur se ambientato in Estremo Oriente, «il film racconta molto più l'Italia che non la Cina, così come Lamerica raccontava molto più l'Italia dell'Albania.

Sono andato nel Paese più indecifrabile del mondo con la persona meno simile ai miei compatrioti, perché Vincenzo è un italiano estraneo all'Italia attuale e alle sue logiche, va in Cina seguendo un istinto che il film volutamente non chiarisce».

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