Roma - Il governo riferirà in Parlamento sulla gestione del sequestro Mastrogiacomo. Sul finire di un’altra giornata di polemiche tra maggioranza e opposizione, con il centrodestra a invocare da più parti un «chiarimento parlamentare», è Fausto Bertinotti a chiudere in qualche modo la querelle. Perché, spiega il presidente della Camera rimandando comunque ogni decisione ufficiale alla capigruppo di oggi, «c’è una richiesta generalizzata dell’opposizione» di cui «si dovrà tenere conto». Eppoi, prima ancora di questo, «penso che le aule parlamentari abbiano sempre da guadagnare dalla massima trasparenza». Insomma, dice Bertinotti durante la presentazione del suo libro La città degli uomini, «penso che ci orienteremo a favore di un dibattito con la presenza del governo in Aula» in tempi brevi, «forse già giovedì». Una discussione, auspica, di «grande compostezza». Anche perché, aggiunge il leader del Prc, «la questione della liberazione degli ostaggi è uno dei pochi casi in cui voglio vedere la continuità dell’azione di governo». «Quando ero un leader dell’opposizione - conclude - ho apprezzato come il governo Berlusconi si è rapportato a questi casi. Allo stesso modo mi sono sentito rappresentato dall’esecutivo Prodi in questo sequestro».
E proprio un dibattito parlamentare aveva chiesto fin dalle prime ore della mattina l’opposizione. Con Forza Italia a sottolineare la «necessità» che il ministro degli Esteri Massimo D’Alema riferisse «al più presto» in Aula. In una nota congiunta, Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto dicono di giudicare «inadeguata alla delicatezza della materia» una commissione parlamentare d’inchiesta, ma non rinunciano a criticare il governo per «una scelta di principio che presenta aspetti da chiarire». Secondo coordinatore e vicecoordinatore azzurri, il punto è soprattutto uno: lo «scambio tra Mastrogiacomo e i capi talebani», perché «lo Stato italiano a partire dal rapimento di Aldo Moro e dopo un dibattito drammatico che divise l’Italia» ha sempre «seguito il principio di non eseguire scambi fra rapito e prigionieri facenti parte di gruppi terroristi». Insomma, si è «totalmente modificato la teoria e la prassi seguite fin qui da tutti i governi». E di questo il governo «deve darne conto» al Parlamento. Per l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu l’esecutivo «deve chiarire almeno tre circostanze gravissime e senza precedenti». Che sono «l’affidamento a trattativa privata della liberazione di Mastrogiacomo, lo scambio dell’ostaggio con terroristi e la sovraesposizione del governo amico dell’Afghanistan e in particolare del presidente Karzai». Ragioni per le quali il capogruppo di Forza Italia al Senato Renato Schifani ha inviato una lettera a Franco Marini chiedendo la convocazione della capigruppo anche di Palazzo Madama per «concordare e calendarizzare» una seduta «destinata al dibattito parlamentare sulla vicenda Mastrogiacomo alla presenza del ministro degli Esteri». Identica al richiesta di An, con il presidente dei senatori Altero Matteoli che chiede «chiarimenti» all’esecutivo per «aver nominato Gino Strada ministro degli Esteri ad acta per la gestione del rapimento» e «aver accantonato la nostra intelligence». Scelte, dice Maurizio Gasparri, di un «dilettantismo senza pari» sulla quale, gli fa eco il capogruppo alla Camera di An Ignazio La Russa, serve «subito chiarezza». Una richiesta che arriva anche dal leader della Nuova Dc Gianfranco Rotondi, mentre il Pri chiede che sia Romano Prodi a «riferire alle Camere». E per l’Udc parla il presidente Rocco Buttiglione, molto critico sulla gestione del sequestro e della liberazione di Mastrogiacomo. «Escludere i servizi segreti - dice - è stato un errore».
La Lega, invece, continua a insistere sulla necessità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta nonostante, dice Roberto Calderoli, «l’opera del pompiere Berlusconi».
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