Il Kalashnikov va in pensione dopo aver ucciso i concorrenti

Era un simbolo delle lotte anti-imperialiste e anti-colonialiste che nella seconda metà del Novecento hanno insanguinato il cosiddetto Terzo mondo e il suo mito è stato «rinfrescato» dalla rivolta che in Libia ha posto fine al regime di Gheddafi. Nonostante questo, dopo 62 anni a servizio dell’Armata rossa e di una cinquantina di altri eserciti e delle rivoluzioni proletarie riuscite e mancate, il fucile d’assalto Kalashnikov AK-47, l’arma più diffusa al mondo, va in pensione. O meglio, il ministro della Difesa della Federazione russa ha annunciato che le forze armate di Mosca non ne compreranno più perché ne hanno già abbastanza e perché lo considerano un’arma superata.
La notizia è stata tenuta nascosta al suo inventore, il novantunenne Michail Timofeevic Kalasnikov, eroe della Russia e due volte eroe del lavoro socialista in Urss, tuttora attivo nell’azienda che li produce, la Izhmash: dirigenti e operai temono che potrebbe avere effetti negativi sulla sua salute. Alla Izhmash, comunque, dicono di avere quasi pronta una nuova versione del fucile mitragliatore e intanto puntano sull’export. Quindi, non si arresta la produzione del Kalashnikov, che ha costruito il suo successo e il suo mito da un lato sul marchio di fabbrica sovietico, proletario e antiamericano» e dall’altro sulle sue caratteristiche tecniche: facilità d’uso, efficacia e affidabilità.
E forse solo la Colt 51 e il Winchester 1866 (peraltro «clone» di un fucile Henry di poco precedente) hanno resistito al mito del Kalashnikov. Ma più che altro grazie al cinema, che li ha immortalati nel genere western. Tutte le altre armi individuali, corte e lunghe, sono state oscurate dal mitra del popolo. Anche quelle cariche di fascino o protagoniste di eventi storici.
Qualche esempio. Per uccidere John Kennedy il 22 novembre del 1963 a Dallas, Lee Oswald usò un vecchio fucile ben conosciuto dai fanti italiani delle classi di leva che vanno dal 1879 al 1925: il Carcano modello 91, chiamato normalmente solo col numero. L’episodio che scatenò la Prima guerra mondiale fu l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria-Ungheria, e della moglie Sofia. Il nazionalista serbo Gavrilo Princip sparò alle odiate Altezze reali con una pistola Browning Fn modello 1910, di concezione americana e produzione belga. Nell’America degli anni Trenta il mitragliatore Thompson, il «Tommy Gun», metteva tutti d’accordo. Era l’arma usata tanto dalla polizia quanto dai gangster. L’inconfondibile Luger P08 è stata l’arma corta delle forze armate tedesche dal 1908 al 1945. Quindi è stata anche la pistola delle SS. Eppure, con la sua estetica affascinò persone come Ernesto Che Guevara, grande amante delle armi, che la preferiva anche alla Colt 45 che pure apprezzava molto.

Ironia della sorte, la P08 fu anche la prima pistola dell’esercito israeliano. E fu affiancata alla metà del secondo conflitto mondiale dalla P38, che con la pistola mitragliatrice Skorpion fu l’arma più usata dai terroristi rossi europei negli anni Settanta e Ottanta.

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