L’acquisto dei giudici non mette in ginocchio la giustizia americana

Caro Granzotto, «E ora in America si può comprare un giudice» era il titolo molto forte di un articolo uscito giovedì scorso sul Giornale nel quale si fa a pezzi, anche ironizzando, il sistema giudiziario americano. Leggendolo, molte delle mie certezze si sono dissolte come neve al sole e mi è sorto un dubbio: vuoi vedere che quello nostro, quello dei processi che durano vent’anni e dei 9 (nove) milioni di cause arretrate e giacenti è il sistema giudiziario migliore del mondo?
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Lasciamo perdere, caro Reviglio: quanto a efficienza, certezza del diritto e processo giusto, il nostro sistema giudiziario potrebbe spuntarla - forse, non è detto - solo su quello della Corea del Nord. Certo, quello americano, con gran parte dei giudici eletti dal popolo, può portare alla conclusione che i suddetti giudici siano comprati, visto che ormai le campagne elettorali si ingaggiano a suon di milioni. Ma se questo è il criterio, allora oltreoceano si comprano anche il Presidente (Obama ha speso per la sua campagna elettorale oltre 600 milioni di dollari tutti frutto di donazioni), i deputati, i senatori, i procuratori, i sindaci e i capi della polizia. Naturalmente ognuno può pensarla come vuole, ma sostenere che quanti si aggiudicano una carica elettiva siano necessariamente dei venduti (e dunque dei comprati) mi pare un giudizio un tantinello troppo sommario. Che poi, come riferiva l’amico Marcello Foa, la Camera di commercio abbia speso centinaia di milioni per favorire l’elezione di magistrati business friendly, questo a me pare rientri nelle regole del gioco. Dovendo scegliere fra il candidato che si mostra business adverse e l’altro, che invece è friendly, ovvio che favoriscano il secondo. Fermo restando che anche il primo troverà chi gli finanzia, per opposti motivi, la campagna elettorale. In una società dove si vincono le elezioni non tanto grazie al sale che si ha in zucca, ma al bell’aspetto, alla immagine che si dà di sé in televisione, alla parlantina più o meno facile e all’essere più o meno cool ci preoccupiamo dei contributi - trasparenti, alla luce del sole, dichiarati all’Ufficio delle imposte - ai candidati?
C’è poi da aggiungere, caro Reviglio, che comprati o venduti che siano i giudici il sistema giudiziario americano resta quello che è, coi fiocchi. Assoluta, categorica, perentoria parità di diritti dell’accusa e della difesa. Assoluta, categorica, perentoria divisione del ruolo giudicante da quello inquirente. Là, oltreoceano, un piemme mica va a prendere il caffè col giudice, magari facendoci quattro chiacchiere. Se lo fa, il giorno dopo si ritrova senza lavoro. Presenza di una giuria popolare (la quale discuterà il caso senza la presenza del magistrato, che potrebbe influenzarla) cui è affidata la questione di fatto, essendo competenza del giudice solo quella di diritto. Fase predibattimentale che è il vero cardine del sistema processuale e dove sono chiusi in via transattiva il novanta per cento dei procedimenti. Senza cioè che si debba andare in aula. Ricorsi estremamente limitati, col contagocce, al giudizio di appello.

Sentenze immediatamente esecutive. Però, petulano a questo punto i detrattori, in America se non hai i soldi per un buon avvocato sei fritto. Perché, qui da noi per non essere fritti basta e avanza l’avvocato d’ufficio?

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