L’altra «Ballarò» fa il tifo per il Cavaliere

Al mercato di Palermo la festa di Forza Italia: «Qui avremo più voti che nel 2001. La sinistra è radical chic»

Marianna Bartoccelli

nostro inviato a Palermo

«Quannu u vitti, Berlusconi mi incantò, da allora è con lui tutta Ballarò». Si fa festa nella trattoria Cagliostro (il noto personaggio giramondo nato nel vicolo accanto) nel cuore del mercato popolare di Ballarò, quello da cui ha preso nome il programma di Floris. Si fa festa con i personaggi del quartiere che circondano con affetto ed entusiasmo il ministro per lo Sviluppo Gianfranco Miccichè, il sindaco Cammarata, i deputati uscenti Fallica e Giudice, il senatore Ferrara e tutti i consiglieri comunali della città. Se il cavaliere fosse stato a Palermo ieri da quella festa ne sarebbe uscito rigenerato: non soltanto per le paste con le sarde o con le melanzane, o per il vino rigorosamente principe di Corleone della Corvo, ma per l’aria di festa di famiglia condita dalle canzoni che Palermo ha sempre preso a prestito da Napoli, cantate dagli Apicella locali. Conduzione perfetta di Eugenio Marchese, attivista azzurro nel quartiere, commerciante del mercato, cantante, showman e riconosciuto leader, che coinvolgeva ministro e sindaco e assessori locali nei canti, nei balli, e nell’inno «Azzurra libertà», che tutti, ma proprio tutti, politici e abitanti cantavano con una sola mano alzata, quella di destra: «La sinistra porta sfortuna», urlava al microfono Marchese. Accenna timidamente una nota anche il giovane prete del centro per immigrati di santa Chiara che da anni è ormai riferimento per i bambini e per le comunità straniere che affollano il quartiere, padre Sapienza: «Non ho mai ricevuto un no da questo sindaco alle nostre richieste», spiega a chi gli chiede come mai a quel pranzo. E brinda anche lui al successo di domani.
«Con tutto questo non si può perdere, non si può. Non perderemo di certo», è la frase che ripete prima a chi gli sta accanto e poi al microfono che gira per la sala, il più acclamato dagli invitati: «Non perderemo né in Sicilia né a Roma perché sia Berlusconi che io abbiamo sempre avuto c... », grida quasi con liberazione il ministro Miccichè, unendosi al coro di «malafemmina» e degli stornelli romani, mentre tiene per mano la figlia Costanza: «Ogni chiusura di campagna elettorale ho avuta una delle mie figlie accanto. Questa è la più piccola, dieci anni fa alla prima campagna elettorale non era nata. Sono sicuro che mi porterà bene anche lei».
Tra un bicchiere di vino e le acclamazioni dei fan di Ballarò, che «scaldano il cuore» dopo questa dura campagna elettorale il ministro fa qualche riflessione: «In Sicilia prenderemo più voti del 2001. Perché in Sicilia sì e in Italia no? Vedrete... ». E a D’Antoni della Margherita che ieri sul nostro Giornale dava al centrosinistra il 43% risponde: «In Sicilia non andranno oltre il 39%, sulle regionali di maggio non abbiamo alcun dubbio. Vinciamo noi».

Poi basta con le riflessioni politiche bisogna dare ascolto e fare «scanazzo» (festa) con quello che rappresenta il cuore di Palermo: «Questa gente sta con noi perché noi frequentiamo i quartieri popolari, non come certa sinistra di questa città che si vede in massa soltanto alla proiezione del film di Deaglio contro Berlusconi nel chiuso di una sala di cinema d’essai. La sinistra locale è ormai fatta da intellettuali chic», polemizza il deputato Pippo Fallica (che sarà tra i rieletti), organizzatore del pranzo a Ballarò.

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