Roma Mille città del mondo in piazza, da Stoccolma a Johannesburg, da Taipei a Santiago del Cile, nella sarabanda della protesta globalizzata, del corteo come social network («mi piace», «ci sarò»). Dovunque indignazione, solo da noi lodio.
Sono state 952 città di tutto il mondo a ospitare i cortei contro le conseguenze della crisi e lo strapotere della finanza, che si sono colorati in ogni luogo di accezioni «locali». A partire da Madrid, città nella quale è nato il movimento degli «indignados»: nella capitale spagnola cinque cortei sono confluiti su Puerta del Sol esibendo striscioni, slogan e rabbia ma nessuna violenza. Il manifestante più illustre ha partecipato al corteo londinese: si tratta di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che è stato fermato dalla polizia a St. Paul perché si nascondeva dietro una maschera. A Francoforte, capitale finanziaria della Germania, in ottomila hanno sfilato fino alla sede della Bce al grido di «State speculando sulle nostre vite», mentre a Bruxelles al corteo degli arrabbiati si è contrapposto un «controraduno» in giacca e cravatta. Meno massicci del previsto i cortei in Francia, nazione dove invece cè una grande tradizione protestataria: a Parigi meno di mille persone si sono radunate davanti alle stazioni, allo Châtelet e nel quartiere popolare di Belleville. I primi a scendere in piazza per ragioni di fuso orario erano stati gli australiani (in particolare a Sydney) e i giapponesi, che ne hanno approfittato per arrabbiarsi contro la gestione del dopo-terremoto. Molto attesa la protesta di New York, una delle capitali del movimento: qui da un mese gli indignants occupano lo Zuccotti Park, nel distretto finanziario di Wall Street.
Ma le immagini che hanno fatto scalpore sono quelle delle violenze romane, il blindato dei carabinieri in fiamme a San Giovanni e lorgiastico sabba inscenato attorno al rogo. Ciò che deve far riflettere, al netto delle condanne e dei distinguo dei leader della sinistra, che ieri - a bocce ferme - hanno giocato ai buoni e ai cattivi, su unopposizione ancora troppo ambigua nella condanna di frange extraparlamentari che parlano solo il linguaggio della sopraffazione e della ferocia. Di distinguo si può anche soffocare.
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