Follia e provocazione sono quanto andremo a vedere l'11 aprile al Duse nella nuova produzione del Teatro Stabile di Genova che, con «Ciò che vide il maggiordomo» di Orton, suggella una collaborazione - sodalizio con il Teatro Archivolto. «Per noi è una festa, ha detto Carlo Repetti, la prima esperienza di una strada da percorrere insieme. Ritrovare gli amici che sono tutti passati di qui è un ritorno che non può che farci immenso piacere. Il nostro modo di far teatro non cè dubbio sia diverso, ma assolutamente complementare. Dobbiamo ricordarci che la diversità fa ricchezza. Un teatro pubblico ha il compito di iniettare forza affinché altre realtà continuino la loro strada. Bisogna che ci sia sinergia e non più concorrenza». Pina Rando è daccordo su ogni parola del Direttore dello Stabile e parla di collaborazione importante che riporta il suo teatro al Duse dopo 25 anni. Già perché proprio 25 anni fa Giorgio Gallione aveva messo in scena unaltra commedia di Orton, «Il malloppo», sperimentandosi con l'autore amico e collaboratore dei Beatles dall'humor macabro e scandaloso. «Stiamo lavorando su una commedia meravigliosa e difficilissima, afferma Gallione, che racconta una storia irraccontabile che si muove attraverso un meccanismo ad orologeria che fa saltare ogni certezza e travolge ogni logica. Nell'azione sono coinvolti personaggi esasperatamente folli, che in apparenza sembrano assolutamente credibili. Un esercizio di virtuosismo che usa l'humor esplicato nei termini più dolorosi, malati e morbosi». E così in questa comicità dissacrante Orton mette in discussione tutte le convenzioni sociali smascherando il vero volto di una borghesia che non ha più nulla di presentabile, e che altro non è che un contenitore di vizi, degenerazione e amoralità. La storia dello psichiatra Dr Rance e dei suoi pazienti avviene naturalmente all'interno di un gabinetto medico che «sembra disegnato da un pazzo» come dice una battuta del testo. Gallione e Fiorato hanno pensato bene di attenersi alle parole di Orton per tappezzare le pareti della scenografia di lastre radiografiche, che altro non sono che il simbolo di un'analisi attraverso una lente che mette in luce le degenerazioni di una società malata che viene curata da matti, in primis proprio lo psichiatra. Ma veniamo agli interpreti, uno straordinario mix tra attori dello Stabile e attori dell'Archivolto che fanno recitare insieme Ugo Dighero, Mauro Pirovano e Mariagrazia Pompei ad Antonio Zavatteri, Pier Luigi Pasino e Mariangeles Torres. Tutti entusiasti i sei attori, intanto di ritrovarsi insieme, e poi di far parte di una messa scena che indubbiamente li avvince. «Un bel momento professionale, dice Dighero, che si è creato con la massima sintonia coi colleghi. Mi fa piacere partecipare a questa follia che è una metafora di quello a cui stiamo assistendo oggi, la decadenza assoluta».
Pirovano ricorda la sua precedente esperienza ne «Il malloppo» e rivolgendosi a Gallione dice: «Evidentemente non si è accorto che sono passati 25 anni, pretende da noi le stesse cose e la stessa agilità fisica, ed ora eccomi qui con una bella stiratura».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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