L’arroganza della casta eurolandica

I miei complimenti a Granzotto per la risposta chiarissima al lettore G. Rossetto relativa alla procedura della Commissione Europea e in particolare della commissaria alla Giustizia (?) Viviane Reding contro il presidente Sarkozy, dovuta alla insufficiente conoscenza da parte dei politici e di certi giornalisti della Direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini europei. Eppure questa Commissaria Reding incassa mensilmente un bello stipendio che noi la paghiamo proprio per far applicare tali direttive e salvaguardare i nostri diritti. Cominciamo quindi col licenziare chi non è in grado o non vuole fare il lavoro profumatamente compensato. È ora di smetterla con queste pagliacciate e con l’insultare rispettabili uomini di Stato, come il presidente Sarkozy, basando certe accuse sull’ignoranza che domina da ormai troppo tempo la Presidenza della Commissione Europea e i funzionari di questo baraccone costosissimo.
Lussemburgo

Magari potessimo, caro ambasciatore. Come lei sa meglio di me la casta eurolandica si è messa al riparo da qualsiasi ritorsione da parte dei cittadini infuriati ai quali non ha l’obbligo di render conto. È una casta autoreferenziale e di nomina politica, inamovibile, incurante delle critiche e sempre in conflitto con il buon senso. Ma le pare che un tema come quello degli zingari debba essere così spocchiosamente trattato da una commissaria nel cui Paese zingari non ce ne sono perché non possono mettervi piede? Cosa ne sa, quella donna, di baraccopoli, campi nomadi, accattonaggio per non dire altro? Ciò nonostante, come avrà letto, caro ambasciatore, la Reding non molla: ha inviato a Sarkozy una lettera di richiesta di precisazioni dando al presidente quindici giorni di tempo per risponderle. Poi scatterebbe la «procedura di infrazione» contro la Francia. Una sceneggiata già vista e che mette in luce la farloccaggine di Eurolandia, massima fabbrica mondiale di aria fritta nell’olio della prosopopea illuminista. I (sacri) trattati - da quello di Maastricht a quelli di Amsterdam, Nizza e Lisbona - grondano in ogni paragrafo di Princìpi, Valori e Diritti e delle pene, severissime, da applicare ai Paesi membri che li disattendessero (quella minima, per una infrazioncella, è di 10 milioni di euri). Eppure nessuno ne tiene conto. Prenda il «Patto di stabilità», pietra miliare, architrave portante del sogno europeo. Non uno che l’abbia rispettato senza per questo averne dovuto pagare le conseguenze. E così per tutte le altre centinaia di infrazioni a trattati e normative, per gli abusi nei ricorsi alla clausola di salvaguardia.
Un nulla di fatto ammantato, però, di solennità burocratica con il concorso del collegio dei Commissari e dell’alta Corte europea di Giustizia in un turbinare di toghe, tocchi e alamari dorati.

Tutta scena perché se lo Stato reo rifiuta di attenersi alla sentenza o di pagare la pena pecuniaria cosa fa, Bruxelles? Caccia dall’Unione il membro riottoso? Chiede l’intervento dei Caschi blu? Pone in atto delle sanzioni, mettiamo il blocco delle importazioni di Camembert, visto che parliamo della Francia? L’unico strumento a disposizione dei Commissari sarebbe caso mai la moral suasion, la persuasione morale, l’azione esortativa: ma per far ciò occorre disporre di una forte autorità morale, appunto, e di un unanime riconoscimento dell’equilibrio di giudizio, tutte cose che non appartengono di certo a madame Viviane Reding la quale, si dà il caso, si fece le ossa nella Commissione Prodi. Ed ecco perché, incurante, Nicolas Sarkozy tira dritto.

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