Si va a votare o no? A Milano il dubbio non c’è. A Milano si vota di sicuro. A primavera, per il sindaco. E le diplomazie sono già al lavoro. Farraginosa quella del Pdl, anche se per il candidato Letizia Moratti nessuno (almeno a parole) sembra nutrire alcun dubbio. Più corsara, come sempre, quella della Lega, con Umberto Bossi che va di festa in festa e a notte tarda lancia messaggi minacciosi. Annunciando o ri-annunciando la propria candidatura a Palazzo Marino. Una guerra al sindaco che, in realtà, nasconde un vero e proprio patto di ferro già stretto tra la Moratti e il Carroccio. Troppi gli indizi per pensare che il Senatùr e lady Moratti abbian voglia di litigare. E, a meno di terremoti, l’epilogo è già annunciato. La Moratti sarà il candidato sindaco del centrodestra e alla Lega andrà il vicesindaco. Con un identikit che corrisponde perfettamente a quel Matteo Salvini che da barricadero impertinente si è già da qualche tempo trasformato in alacre edificatore della casa comune. Basta bordate alla Moratti, basta critiche alla sua scarsa attitudine ad andar per quartieri e mercati, basta randellate a Ecopass e rimproveri per i troppi soldi spesi per tirar su campi rom. E la Moratti? Ricambia, assicurando che la ricetta del ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, su rimpatri e allontanamenti dei clandestini è fin troppo morbida. Chiedendo più durezza addirittura per gli stranieri comunitari. Roba mai sentita. Una Moratti in salsa leghista che, non a caso, ha subito scatenato la reazione di Giuliano Pisapia, l’avvocato rosso che per ora è l’unico candidato (insieme all’intramontabile Roberto Caputo) alle primarie del centrosinistra.
La pace scoppiò il 7 giugno tra le scintillanti quinte di miss Padania. Serena, accolta da uno scroscio di applausi, la Moratti fece il suo ingresso al teatro degli Arcimboldi a braccetto di Bossi. «Andate d’accordo voi due?» chiese secco il Senatúr al sindaco di fronte a Salvini. «Sì, d’accordissimo» rispose lei sfoderando il suo miglior sorrisi. E da quel giorno i due filano d’amore e d’accordo. Strano? Non troppo se si pensa che la Moratti sindaco e Salvini vicesindaco sono già il più probabile ticket da presentare agli elettori. E che oggi su tutte le prime pagine c’è l’armonia di amorosi sensi tra il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e la Lega. Tanto che più di qualcuno sta mettendo in guardia il premier Silvio Berlusconi. E se a Milano succedesse la stessa cosa? Se la Lega pensasse di far dimenticare la sua ultima terribile performance alle comunali del 2006, 3,75 per cento e appena due seggi con Giancarlo Pagliarini che presto se ne andò e la Moratti di capovolgere i sondaggi che oggi sul suo nome volgono al pianto? Non certo fantapolitica, con il Pdl che dovrebbe cominciare a temere una preoccupante avanzata del Carroccio in città. Roba che poi si paga con assessorati pesanti. A preoccuparsi è anche l’attuale vicesindaco Riccardo De Corato, straordinario uomo macchina, conoscitore di Palazzo Marino come nessun altro. Ma che né la Moratti, né i compagni di partito sembrano disposti a difendere dall’assalto del rampante Salvini. Che non ha dimenticato quella sera all’Arcimboldi. E ora sorride a ogni annuncio di Bossi che si vuol candidare sindaco. Anche perché tutti sanno bene che quello è un lavoro durissimo. Psicologicamente e soprattutto fisicamente. E che Bossi non sarebbe certo in grado di affrontarlo. Ecco perché il gioco dei leghisti è ormai chiaro. E forse solo tattica l’uscita di Davide Boni («Milano ha bisogno di un sindaco leghista»). «Credo - ha spiegato pochi giorni fa al Giornale il coordinatore regionale del Pdl Guido Podestà - che quello di Bossi sia un sistema per negoziare su altre posizioni e penso al vicesindaco».
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