Cronache

L’assedio di Genova, 205 anni dopo

Fame e malattie avevano messo a dura prova la popolazione

Il 7 agosto 1800, da Milano, sede del Comando dell'Armata d'Italia, il generale napoleonico Andrea Massena scrive alla Commissione del Governo Ligure esprimendo gratitudine ai genovesi per l'eroica resistenza e per le privazioni sopportate durante il recente assedio, e promette alla città di consacrare al mantenimento della «tranquillità interna del paese» le armi fino allora usate per difenderla.
Si è appena chiusa una pagina di storia: quella che oggi, duecentocinque anni dopo, possiamo leggere riassunta sulla lapide al numero 3 di Piazza De Ferrari. «In questo palazzo Andrea Massena - primo luogotenente di Napoleone tenne il suo quartier generale - dal 10 febbraio al 4 giugno 1800».
È infatti proprio nel palazzo di Ambrogio Doria - poi Galliera e oggi sede della Banca di Roma -che dal 10 febbraio 1800 Massena organizza la difesa di Genova, dove ha ripiegato con 10mila soldati per impegnare le truppe austriache mentre il Primo Console organizza una nuova armata. L'astro in declino della Superba ha da pochi anni incrociato quello in irresistibile ascesa del giovane Napoleone. La città, dal 1797 capitale di una Repubblica ligure satellite della Francia, rappresenta adesso l'ultimo baluardo francese in Italia. Qui riparano gli esuli costretti a fuggire da altre parti della penisola per i loro ideali democratici, come Ugo Foscolo. Dal 21 aprile Genova, stretta nella morsa di un doppio assedio - 60mila austriaci al comando del generale Ott da terra, sulle alture attorno alla città, e la squadra navale inglese dell'ammiraglio Keith dal mare - rimane del tutto priva di approvvigionamenti e notizie dal mondo esterno. Il numero degli abitanti è intanto salito da 85mila a 120mila per l'arrivo dei profughi dai paesi vicini, senza contare i 10mila soldati francesi. Fame e malattie mettono a dura prova la popolazione, costretta a cibarsi di erba e in alcuni casi anche di cani, gatti, topi. «La maggior parte di quelli che muoiono - scrive La Gazzetta Nazionale della Liguria - sono vittime delle correnti febbri epidemiche». Nella città stremata Massena continua a resistere, finché il 4 giugno concorda la resa, con l'onore delle armi. Il trattato di evacuazione firmato sul ponte di Cornigliano è, sottolinea La Gazzetta, «il più onorevole che potessero desiderare i Francesi nell'estrema situazione a cui erano ridotti: il giorno 5 la brava guarnigione di Genova abbandonò la città e ne presero possesso le truppe dell'Imperatore. La squadra inglese entrò contemporaneamente nel porto». Tragico il bilancio dei morti: circa diecimila. Negli anni seguenti la dipendenza della Liguria dalla Francia diventa sempre più stretta. Dal 1805 l'annessione all'impero di Napoleone porterà, insieme ad aspetti negativi come l'aggravio delle imposte e l'obbligo del servizio militare, innovazioni positive e lungimiranti: dal nuovo codice civile alla fondazione della Camera di Commercio, dalla riforma dell'università allo sviluppo delle strade.

La matrice culturale francese contribuirà inoltre in modo determinante alla formazione dei patrioti genovesi e liguri, che svolgeranno un ruolo fondamentale nel Risorgimento.

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