«L’autorità dello Stato non è tutto»

da Roma

La Chiesa riconosce l’autorità dello Stato, dà a Cesare ciò che è di Cesare (come indica Gesù nel Vangelo), ma «Cesare non è tutto». Lo ha detto ieri mattina Benedetto XVI, nella catechesi dell’audienza generale in Vaticano, commentando la lettera di San Clemente, vescovo di Roma e terzo successore di Pietro.
Il Papa ha rievocato i tempi in cui il documento fu scritto, all’indomani della persecuzione di Domiziano, ricordando che i cristiani non cessavano «di pregare per quelle stesse autorità che li avevano condannati ingiustamente». Benedetto XVI ha quindi sottolineato, grazie alla citazione di Clemente, che la Chiesa «riconosce la legittimità delle istituzioni politiche nell’ordine stabilito da Dio» e nello stesso tempo, «manifesta la preoccupazione che le autorità siano docili a Dio e “esercitino il potere che Dio ha dato loro nella pace e la mansuetudine con pietà”. Cesare non è tutto. Emerge un’altra sovranità - aggiunge Ratzinger - la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma di lassù: è quella della verità, che vanta anche nei confronti dello Stato il diritto di essere ascoltata».
Nel suo discorso, il Papa ha rimarcato come Clemente sottolinei che «la Chiesa ha una struttura sacramentale e non una struttura politica. L’agire di Dio che viene incontro a noi nella liturgia precede le nostre decisioni e le nostre idee. La Chiesa è soprattutto dono di Dio e non creatura nostra, e perciò questa struttura sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono di Dio, del quale abbiamo tutti bisogno».


La Chiesa, ha spiegato, «non è luogo di confusione e di anarchia, dove uno può fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta». Infine, Ratzinger ha sottolineato come fin dall’inizio, già nel primo secolo, la Chiesa di Roma «presiede nella carità a tutte le altre Chiese».

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