nostro inviato a Chengdu
«I made it!». Una piccola grande soddisfazione: essersi seduto al posto di guida di una delle due Ferrari 612 Scaglietti (quella grigia con il muso rosso) che, proprio la scorsa settimana, hanno concluso dopo 24mila interminabili chilometri il Giro della Cina. La nostra esperienza, rispetto a quella vissuta da 50 colleghi che nellarco di due mesi si sono alternati al volante dei due bolidi, è stata breve ma intensa. Quanto basta per comprendere come, dallaltra parte del mondo, le regole del Codice della strada esistono ma solo sulla carta e i comportamenti degli automobilisti cinesi, sia che viaggino su una moderna Bmw sia che si trovino a bordo di una scassatissima Volkswagen Santana, siano più meno gli stessi: da potenziali killer della strada.
Non è un caso che a lasciarci le penne, in questo immenso Paese, siano centinaia di persone al giorno e che, secondo le stime dellOrganizzazione mondiale della sanità, entro il 2020 le vittime di incidenti stradali saranno almeno 500mila. Altro che emergenza Sars: il virus letale per il quale le autorità cinesi stanno cercando lantidoto si chiama sicurezza. E qui le strade sono pericolose innanzitutto perché le necessità della vita quotidiana non permettono di soffermarsi troppo sulle regole. A nulla, fino a questo momento, sembra avere sortito la decisione del governo di Pechino di istituire una task force di 15 ministri per la sicurezza stradale.
Ottenuta la patente di guida cinese, con tanto di visita medica ed esame svolto a un posto di polizia nei pressi dellaeroporto di Shanghai (lesperienza è stata oggetto di un nostro articolo nelle scorse settimane), eccoci pronti per la nostra personale avventura nel Ferrari 15.000 Red Miles Tour. Il piano di viaggio prevede una tappa a Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, famosa perché ospita gli ultimi esemplari del panda gigante, e da qui, con un altro volo della durata di meno di unora, avremmo dovuto raggiungere la Cina ancora più profonda. Lavventura nellavventura comincia proprio ora, nella saletta dellaeroporto di Chengdu, quando manca circa mezzora allimbarco. Dallaltra parta del telefono Davide Kluzer, addetto stampa della Ferrari, ci informa che a causa di improvvise inondazioni è tutto bloccato. «Non ti muovere da Chengdu - dice Davide - qui è un casino, non si riesce a viaggiare, ci sono camion di traverso, la polizia non fa passare. Ci vediamo - forse - domani. Aspetta nostre notizie in albergo». Niente male, pensiamo: eccoci in un posto sconosciuto, poco frequentato da occidentali, dove si parla inglese soltanto negli hotel internazionali.
Chengdu ha 10 milioni di abitanti e per le sue strade ci sono più risciò e biciclette che automobili. In questa metropoli, Ferrari e Maserati hanno inaugurato una concessionaria dotata di officina per lassistenza al cliente. Il tour prevede che la tappa in questa città coincida proprio con la festosa apertura della lussuosa vetrina italiana.
La sosta forzata a Chengdu ci permette di entrare ancora più a fondo nella realtà cinese, in una città estranea alle tradizionali rotte turistiche. Nelle vie centrali il traffico è caotico. Nessuno rispetta i semafori, le strisce pedonali, se ci sono, sono un semplice ornamento dellasfalto. I taxi raccolgono solo la gente del posto. Per tornare in albergo, allimbrunire, non resta che rivolgersi a un risciò. Un paio di euro bastano per rientrare allhotel, ma il viaggio è spericolato: il mezzo, come tutti peraltro, è senza luci, cigolante e sgangherato; rischia più volte un frontale con altri risciò o di essere travolto agli incroci.
Per fortuna la carovana «rossa» riesce a raggiungere Chengdu anche se con 48 ore di ritardo. Ne fanno parte il capo spedizione Gigi Barp; laddetto stampa Davide Kluzer che si è alternato nei due mesi con i colleghi, tra cui Mina Piccinini; la fotografa Gabriela Noris (le migliaia di scatti varranno sicuramente una personale); Gabriele Lalli; il meccanico Silvano Baldini e Renato Bonettini, esperto in elettronica. E poi ci sono le due 612 Scaglietti, in buono stato nonostante il tour de force (qualche graffio sulle fiancate), i due Daily e un camion Iveco, nonché due Fiat Palio Weekend che, a sentire i protagonisti, «non hanno per nulla patito litinerario massacrante».
Lattesa fuori programma ha logicamente aumentato dentro di noi la voglia di vestirci di rosso e di guidare una delle due Ferrari nei dintorni di Chengdu. La tappa prevede di raggiungere prima loasi dei panda, a una cinquantina di chilometri, quindi uno dei tanti templi della zona. Avviato il motore, la berlinetta sportiva di Maranello sembra che sia solo allinizio della sfida. Non ci avvertono vibrazioni o rumori strani, il rombo mette come al solito i brividi, linterno è pulito e, nel complesso, la vettura non sembra avere affrontato - a quel momento - 10mila miglia, compresa la scalata del passo del Tanggula, a 5.231 metri. Con noi cè il meccanico Baldini che, come prima cosa, ci mette in guardia dalle insidie del traffico: «Qui vale solo la legge del clacson. Le nostre trombe sono state potenziate. Agli incroci le indecisioni sono pericolose. Quindi, fai come loro: suona e vedrai che ti fanno passare». Dobbiamo seguire un taxi che, nelle intenzioni, dovrebbe condurci direttamente alla riserva dei panda. Quei 50 chilometri con la vecchia e fumosa Santana a fare da battistrada, non li dimenticheremo mai: rotonde affrontate contromano, inversioni a U, sensi vietati, svincoli autostradali imboccati in senso contrario. Un pazzo! Un pazzo da ritiro di patente a vita! Ma come lui si comportano tutti, perché la città è una giungla metropolitana nella quale prevale sempre la necessità di risolvere le necessità quotidiane.
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