Politica

L’avvocato mediatore col sogno del seggio

Trombato alle politiche del 2001, ha sperato in un ministero e fondato il movimento cattolico «Italia di nuovo». Ma in politica ha sempre fatto flop

«Sono qui perché sono stato precettato da Maurizio», esordisce in serata Silvio Berlusconi davanti a una platea semideserta, tanto per mettere le cose in chiaro. Neanche mille persone, quel 30 marzo 2005. Poche, pochissime, ma sempre meglio delle cento anime che due ore prima siedevano nel vecchio Palasport di Firenze all’inizio del battesimo di «Italia di nuovo», movimento di giovani cattolici nato per volontà dell’ex commissario della Croce rossa.
Scelli sa d’aver fatto flop. Sa che Berlusconi non gli perdonerà troppo facilmente le cinque ore trascorse in prefettura aspettando (invano) il bagno di folla che era stato assicurato allo staff di Palazzo Chigi impegnatissimo a sfruttare ogni secondo dell’agenda del premier in vista delle imminenti elezioni regionali. L’avvocato civilista ed ex enfant prodige dell’Unitalsi («a 16 anni mi salvò la Madonna di Lourdes» ama ricordare) sa che per lui è l’inizio della fine. Fa quel che può, si scusa. La prima domanda al premier dura quasi venti minuti. La seconda arriva da un signore di mezz’età, senza un capello. Un buon assist per una battuta in tema di calvizie e trapianti. Nulla di più.
Berlusconi è irritato. Sapeva che partecipare alla convention era un rischio, dopo le accuse di politicizzazione rivolte alla Croce rossa. Ma alla fine era partito. Alcuni «retroscenisti» caricano la responsabilità sull’amico Gianni Letta. Ma Sandro Bondi scrive al Riformista e si prende la responsabilità d’aver consigliato il premier. Per il capo del governo il caso-Scelli è chiuso per sempre, perché da quel giorno Berlusconi non vuol più saperne. Scelli l’avevano candidato alla Camera, nel 2001, ma l’ex vicesindaco di Roma, Walter Tocci, l’aveva sconfitto. A metà dicembre 2004 il premier gli aveva offerto a Palazzo Grazioli la candidatura per la presidenza della sua regione (l’Abruzzo) ma il «crocerossino» aveva declinato l’invito. Le malelingue sostengono puntasse più in alto, forse alla protezione civile, o forse a un ministero.
L’inizio del declino porta la data del 30 marzo 2005. Il bagno di folla assume i contorni di un «flop» politico che si somma al protagonismo, alle perenni e latenti accuse ai Servizi segreti impegnati in Irak, alle sortite a tutto campo. Quella di ieri, in fondo, è solo l’ultima in ordine di tempo. «Un colpo basso», fanno sapere dall’entourage del premier.

Un altro passo di troppo, un altro passo falso, quello finale.
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