L’effetto Monti accende la benzina e spegne il gas

L’effetto Monti accende la benzina e spegne il gas

Si potrebbe dire che siamo alla canna del gas. Se ci fosse, però, ancora gas. L’ironia, scusate è scontata, ma inevitabile. Già perché il bollettino di guerra, della guerra al freddo e al gelo che, dalle sbuffanti caldaie e stufe d’Italia sale ogni giorno come un grido di dolore, ha fatto registrare un’impennata: avant’ieri i consumi di gas in Italia sono stati 465,9 milioni di metri cubi, un record che ha polverizzato il precedente di 460,9, registrato lunedì. È il massimo storico dal 17 dicembre del 2010.
E a complicare le cose, anche ieri sono state inferiori alla domanda le forniture di gas dalla Russia. A Tarvisio, punto di ingresso del gasdotto che porta in Italia il gas russo, secondo i dati di Snam Rete Gas, le importazioni in arrivo hanno segnato un calo del 13 per cento. Le consegne sono state pari a 94,2 milioni di metri cubi, mentre il quantitativo richiesto è salito a 108,3 milioni di metri cubi. Sono sempre sostenute le importazioni da Algeria e Nord Europa (95,2 e 56,5) e le erogazioni da stoccaggio (172,9 milioni di metri cubi). Ai minimi gli apporti dai rigassificatori: Rovigo scende ancora a 3,8 e Panigaglia a 1,3. Però c’è la Tunisia che si è fatta avanti per cederci momentaneamente il gas algerino di cui fruisce.
La situazione è appesantita anche dall’annoso problema dei rigassificatori, che nessuno ha mai voluto e potuto realizzare. Al riguardo l’ex presidente dell’Autorità per l’energia elettrica, Alessandro Ortis, preconizzando che «lo scenario potrebbe complicarsi se vi sarà una coda dell’inverno difficile con freddo intenso e prolungato e concomitanti carenze all’importazione», aggiunge che «l’Italia dovrebbe realizzare almeno tre o quattro rigassificatori». Uno, quello di Gioia Tauro, ha annunciato ieri il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, potrebbe aprire nel 2014.
E la benzina? Quella brucia eccome, invece. Brucia sempre più nelle tasche degli italiani che, discretamente inferociti stanno guardando con sempre maggiore diffidenza all’effetto liberalizzazioni promesso e proposto dal governo che per ora, saranno i tempi («tecnici» anche loro), non solo non sta portando giovamento al mercato ma ha innescato questa nuova raffica di rincari: la verde che sfonda il record di 1,8 euro al litro e ieri ha toccato 1,801 euro (negli impianti Tamoil). Il gasolio invece arriva a sfiorare 1,74 euro (1,739 euro di Total Erg).
Sui prezzi alla pompa si riversano oggi gli aumenti dei prezzi internazionali che si sono verificati lunedì. È stata in particolare la quotazione del gasolio a fare un balzo notevole tornando dopo circa un mese al di sopra dei mille dollari la tonnellata, mentre la benzina è stabilmente oltre quota mille dal 25 gennaio.
Ma il Codacons fa notare come «i rincari di benzina e gasolio rappresentino l’ennesima speculazione da maltempo a danno degli automobilisti che non trova certo giustificazione rispetto all’andamento del petrolio». «Il nuovo record raggiunto dai carburanti in Italia - spiega il presidente Carlo Rienzi - determina una stangata pari a più 204 euro ad automobilista su base annua, cifra destinata a crescere se i listini alla pompa dovessero proseguire la folle salita. Per questo chiediamo al governo di inviare la Guardia di finanza nei distributori di benzina di tutta Italia, al fine di accertare se vi siano stati rialzi dei listini ingiustificati e puramente speculativi».
In questo composito quadro, una curiosità quella che giunge dalla Regione Basilicata che non chiede lo stato di emergenza per non far aumentare tasse.

«La Regione - si legge infatti in una nota - sta mettendo in campo tutte le iniziative necessarie a fronteggiare l’emergenza maltempo cercando di evitare di avanzare la richiesta dello stato di emergenza, in analogia a quanto fatto da tutte le regioni italiane, poiché tale richiesta comporterebbe in automatico, l’applicazione della così detta tassa sulle disgrazie ossia l’elevazione al massimo di tutte le addizionali fiscali sul territorio regionale».

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