L’epuratore stalinista che prendeva soldi dal Pcus

Il Pcus e il Kgb investirono molto più sull'Italia che sulla Francia, la Spagna e altre nazioni dell'Europa e del mondo. Fecero bene, visto che quei cento milioni di dollari - la cifra è per difetto - di finanziamenti diretti e indiretti al Pci, al Psiup, al Psi (fino al 1956), agli amici cattolici, a giornalisti e altri collaborazionisti hanno fruttato un radicamento forte e imperituro del bolscevismo nel nostro Paese. I comunisti italiani non cambiano e non evolvono, tanto è vero che l'espulsione del senatore Franco Turigliatto da Rifondazione ci ha riportato senz'altro al «legame di ferro» con l'Urss, non solo per lo «stile», ma addirittura per le persone. Il Pcus è morto, ma il Pci è ancora fra di noi.
Colui che ha espulso Turigliatto, definito con disprezzo stalinista «trotzkista» - benché sia lecito dubitare che il senatore abbia una vera conoscenza di Lev Davidovic - è un fantasma del passato che sempre ritorna, cioè quel Guido Cappelloni, che rilasciava ricevuta dei dollari del Pcus allo spallone del Kgb o al «residente» della Lubjanka a Roma.
L'attuale presidente del collegio di garanzia di Rifondazione, chiamato a decidere chi è in linea col partito e chi è moralmente degno di rimanerci, cominciò a firmare quietanze con destinatario «Kgb, dipartimento 1, settore 6» l'8 dicembre 1972, continuando ad accattare danaro del Pcus, per il Pci prima e, poi, per la corrente di Cossutta, sin quasi alla scomparsa dell'Unione Sovietica.
L'unica differenza fu che Cappelloni, quando prese a ricevere i dollari per la frazione di Armando, sostituì nelle quietanze il lessico denotativo con quello metaforico, scrivendo non più «dollari», ma «veli» o «pezzi»: «Ricevo 400.000 (quattrocentomila) veli», Roma, 20 febbraio '84; «Ricevo 200.000 (duecentomila) pezzi», Roma, 22 gennaio 1986.
Nelle mani di Cappelloni, comunque, è passata tanta parte di quell'oro da Mosca - vedi l'opera fondamentale di Valerio Riva con Francesco Bigazzi -, che era illegale ben oltre Tangentopoli, sporco di sangue e macchiato di criminale sfruttamento dell'umanità.
Per «dare» anche qualche sciarpetta di cashmire in più ai già ricchi «fratelli» italiani, infatti, veniva tolto il pane di bocca o le scarpe ai piedi ai popoli imprigionati dentro la cortina di ferro: dai russi ai polacchi, dai cecoslovacchi agli ungheresi, dai tedeschi dell'Est ai bulgari.


Guido Cappelloni, la cui moralità è descritta dalle decine e decine di quietanze firmate rinvenute negli archivi del Comitato centrale del Pcus, ora si erge a giudice per conto di un partito che avrebbe dovuto essere un fossile da museo e che, invece, sta al governo.
L'Italia di Cappelloni è l'esito necessario del più grande finanziamento illecito mai registrato nella storia della corruzione della politica.

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