L’errore Usa è far finta che la Siria sia democratica

Ci sono un paio di cose, nella grande confusione mediorientale, che appaiono chiare in queste ore: Bashar Assad, raìs della Siria, non ha intenzione di aprire alla democratizzazione, e mentre dice di comprendere i dimostranti e che studia se sia il caso di superare lo stato di emergenza che dura da 46 anni, minaccia e reprime: se vogliono guerra l’avranno, ha ribadito. Ma i dissidenti coraggiosamente non si tirano indietro e sfidano la morte. L’altro fatto chiaro è che Hillary Clinton, ovvero Obama, non ha intenzione di mostrare verso la Siria la stessa severità mostrata nei confronti di Gheddafi. La Segretaria di Stato americana, condannando genericamente la repressione, ha anche detto alla Cbs: «Molti membri del Congresso di ambedue i partiti che hanno visitato la Siria negli ultimi mesi, hanno detto di credere che egli sia un riformatore».
È una bella novità. Niente, in realtà lo suggerisce: anzi ha tutta l’aria di pure parole al vento. Ce lo dicono le cifre delle persone imprigionate, torturate, scomparse perché dissidenti: ammontano a decine di migliaia, come riporta proprio il rapporto dello State Department del 2009. Bashar, raìs un po’ per caso dato che il principe ereditario era il fratello Basil, morto in un incidente d’auto mentre lui invece si avviava alla carriera di oculista, più tardi ha imparato: ha messo insieme una lista di morti sospette, sparizioni e arresti. Insieme alle torture e alla persecuzione dei curdi: dal 1970 prima il padre e poi Bashar ne hanno privati 300mila della loro cittadinanza siriana, li hanno deportati e piazzati in campi profughi.
Ma Assad ha giocato bene per conservare la sua dinastia alawita, superminoritaria. Ha giocato d’astuzia. La Siria infatti è divenuta un indispensabile snodo, il tappo che trattiene nel bacino mediorientale tutta l’acqua del potere iraniano che lo destabilizza. Se dovesse spostarsi, anche l’Iran si ritroverebbe molto a mal partito. La Siria ha costruito un reattore nucleare a Deir al Zour con soldi iraniani e tecnologia nord coreana, e dopo la sua distruzione nel settembre 2007 da parte israeliana, si è già rimesso all’opera. Assad ha accumulato negli anni una quantità di armi chimiche e biologiche formidabile. Non solo: l’arsenale missilistico siriano possiede fra la selva di razzi puntati su Israele, anche scud armati con i materiali chimici. Assad, che odia Israele in modo maniacale, lo comunicò a un attonito Giovanni Paolo II dicendogli: «Gli ebrei fanno ai palestinesi quello che hanno fatto a Gesù». Assad ha passato missili e know how a Hamas, e ha destabilizzato il Libano fornendo agli hezbollah 40mila missili. Liberare il Libano dall’incubo Siria vorrebbe dire impedire che diventi una colonia iraniana. Lo stesso per Gaza.

In prospettiva dunque, è peccato che la Clinton torni a una inutile politica di appeasement. Questo farà piacere solo al Consiglio per i diritti umani dell’Onu che dopo l’espulsione di Gheddafi sta ora valutando, su domanda di Assad, che la Siria lo sostituisca.

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