Il 28 aprile del 45, un giorno prima che entrassero in città le avanguardie della V Armata degli Stati Uniti e che i corpi di Mussolini, la Petacci e i gerarchi giustiziati a Dongo venissero esposti a Piazzale Loreto, a Milano si era già formata una Giunta municipale guidata da Antonio Greppi, nominato sindaco dal Cln. Nello stesso tempo un gruppo di intellettuali, riunito attorno a filosofo Antonio Banfi, aveva dato vita in via Francesco Sforza al Fronte della Cultura. Un atto politico e uno culturale: la ricostruzione era già iniziata.
Poche avventure hanno i caratteri del romanzesco come quella che capitò di vivere alla Milano del dopoguerra, quando - libera ma ridotta a un cumulo di macerie - la città in nome di quella filosofia del fare che lha sempre contraddistinta, si rimboccò le maniche, riordinò le idee e riprese a vivere. Anzi a crescere: una crescita rapida, progressiva, inarrestabile. Nelledilizia, prima di tutto, e nellarchitettura; ma contemporaneamente nelleconomia, nellarte, nella società... E in cinque anni si passò dalle bombe al boom: è Letà della speranza, come da titolo del volume curato per Skira da Ada Gigli Marchetti e del convegno in programma lunedì a Palazzo Giureconsulti.
Certo, capitava che i milanesi scendessero in piazza per protestare contro il carovita e nelle strade si fronteggiassero a colpi di attentati vecchi fascisti e militanti della Volante rossa, ma quella che iniziava era una nuova stagione.
Nel maggio del 45 usciva Il Giornale lombardo - dove scrivono Bensi, Afeltra, Fallaci, Buzzati - e a giugno nasce lAssociazione industriale lombarda, preparata durante la guerra dal «Gruppo dei 13» guidato da Giovanni Falck; a settembre Rizzoli pubblica i nuovi settimanali LEuropeo, Oggi e Candido e il 10 novembre viene bandito dal Comune un concorso di idee per il nuovo Piano regolatore generale.
Nel 46 le tre banche di interesse nazionale (Comit, Credito Italiano e Banco di Roma) fondano Mediobanca, listituto voluto da Raffaele Mattioli, a maggio con un concerto di Toscanini si festeggia la Scala ricostruita (e poco dopo toccherà alla Fiera) e si costituisce la Banca Centrale di credito popolare per aiutare le piccole e medie imprese. Lanno dopo - è il 47 - apre il Piccolo Teatro di via Rovello, le fabbriche della «Innocenti» del quartiere Lambrate iniziano sfornare la Lambretta e lVIII Triennale presenta un progetto di quartiere popolare da realizzare a nord di Milano, dovera stata predisposta la «Montagnetta» con le macerie prodotte dai bombardamenti: è la prima pietra del QT8. E nel 50 si gettano le fondamenta del grattacielo di piazza Repubblica su progetto di Luigi Mattioni: alto 114,25 m, è il primo edificio al quale è consentito di superare la Madonnina. Da lì a poco arriveranno al Torre Velasca e il Grattacielo Pirelli. Un mondo nuovo. Un mondo, come sogna Vittorio De Sica nel suo Miracolo a Milano - che esce nelle sale nel 51 - dove «Buongiorno voglia davvero dire Buongiorno».
E sì che quando De Sica portò i suoi barboni in Piazza del Duomo, la faccenda «non piacque a molta gente benpensante e alcuni giornali fecero eco a questo malumore» perché identificare la metropoli lombarda con la sua faccia più povera sembrava un insulto ai suoi pregi, ossia «via Montenapoleone, le belle case, le industrie floride e il panettone», come scriveva in quei giorni Alfredo Panicucci su Epoca. Già, il panettone.
Con la crescita delle attività produttive e lampliamento della forza lavoro riprendono anche i consumi: ai generi di prima necessità si incomincia ad affiancare il superfluo, in tavola e in casa, il che significa nuovi prodotti e un nuovo modo di concepire gli oggetti di uso comune, nuovi studi e nuove tecnologie: è lexploit del design. È lItalian style. È lo stile di Milano: uno strano, esplosivo mix di etica sociale, gusto della sfida e di due irrinunciabili regole morali. Operatività ed efficienza. La speranza era diventata realtà.
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