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L’ex br nominata capo del museo di Roma

Condannata a 28 anni per l’omicidio del generale Giorgieri, cura le mostre d’arte per il comune

L’ex br nominata capo del museo di Roma

Curò l’«inchiesta» con cui le Br-Ucc prepararono l’agguato mortale al generale dell’Aeronautica militare Licio Giorgieri, nel marzo di vent’anni fa. Ora Claudia Gioia cura l’allestimento di mostre al Macro, il Museo comunale d’arte contemporanea, fiore all’occhiello dell’amministrazione veltroniana. Come molti protagonisti degli anni di piombo, dopo la lotta armata ha diretto altrove i suoi interessi, prima dal carcere e poi, dopo aver usufruito di una serie di permessi e di tutti i benefici previsti dalla legislazione carceraria, in libertà: dal 2005 grazie alla condizionale la sua detenzione è definitivamente dietro le spalle. L’ex terrorista rossa, condannata a 28 anni e due mesi per l’omicidio dell’ufficiale del Costarmaereo, la struttura che sovrintendeva alla costruzione degli armamenti aeronautici e spaziali, e per il ferimento del giuslavorista Antonio Da Empoli, ha l’incarico di responsabile della sede distaccata del Macro, presso l’ex mattatoio di Testaccio.
Dopo le polemiche per i 12mila euro di consulenza riconosciuti dal Campidoglio a Silvia Baraldini, condannata negli Stati Uniti d’America a 43 anni di reclusione ed estradata solo con la promessa, non mantenuta, che avrebbe terminato di scontare la sua pena in Italia, il Comune di Roma si ritrova in organico un’altra «dipendente» dal passato ingombrante.
Ma il direttore del Macro, Danilo Eccher, oltre a difendere la professionalità dell’ex brigatista, spiega di aver semplicemente applicato «quanto previsto dalla legge». «Questa persona ha frequentato - spiega Eccher - il master alla Sapienza per curator, è una persona estremamente competente che si è classificata al primo posto di un apposito concorso. Comunque ha seguito un percorso formativo che non la vede parte dell’organico a tempo indeterminato, ma assunta con contratti a progetto». Insomma, tutto a norma di legge. «Certamente conosco i suoi trascorsi terroristici - insiste il direttore del Macro - ma non posso che attenermi a quanto previsto dalla normativa. E non mi risulta vi siano condizioni ostative anche dal punto di vista legale ad assegnarle l’incarico che svolge con competenza e passione».
A cercare di ricostruire il curriculum della sua nuova vita si scoprono altri incarichi di rilievo. Quand’era già responsabile del Macro-Mattatoio, a ottobre 2005, la Gioia era stata chiamata come docente per un master su finanziamenti e progettazione culturale organizzato dall’Istituto Sturzo.
Nelle sue note biografiche risulta anche «consulente per il ministero per i Beni culturali, esperta nella progettazione e gestione di interventi di formazione/riqualificazione professionale». Al dicastero di Rutelli risulta un contratto di e-learning fino al 2005, non rinnovato. Una consulenza «ministeriale» - stando sempre al sito dell’Istituto Don Sturzo - sarebbe stata affidata anche all’ex sodale della Gioia nelle Unioni comuniste combattenti, Fabrizio Melorio, pure lui condannato a 27 anni per l’omicidio Giorgieri e il ferimento di Da Empoli, e ora responsabile dell’area Formazione della fondazione.
Il duo Gioia-Melorio nel 1991 finì al centro di un’inchiesta sul tentativo di riorganizzare le Unioni comuniste combattenti per un rientro in clandestinità. Furono intercettati in carcere mentre trattavano la questione immediatamente prima della sentenza d’appello per l’agguato mortale al generale Giorgieri.Melorio, che era ai domiciliari, nel corso di una serie di incontri nella sala colloqui del carcere femminile di Rebibbia, raccontò alla Gioia che era lì detenuta che alcuni componenti dell’organizzazione intendevano darsi alla latitanza dagli arresti domiciliari per scampare a una probabile condanna.

Progetto che Claudia Gioia disapprovava, temendo che la «fuga» potesse nuocere a chi come lei era ancora dietro le sbarre in attesa di usufruire dei benefici previsti dalla legge Gozzini.
Massimo Malpica

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