L’ex terrorista D’Elia e il terrorista di Gheddafi

Caro Direttore,
anche ai sensi della legge sulla stampa, mi consenta di replicare e rettificare quanto il suo giornale ha scritto nell'articolo di Renato Farina dal titolo «L’ex terrorista ci fa la morale su Gheddafi». In riferimento alle polemiche sulla partecipazione delle Frecce Tricolori a Tripoli e sulla scarcerazione dell’assassino di Lockerbie, Abdelbaset Ali al-Megrahi, nel suo pezzo Farina scrive tra l'altro che «il campione di questo fuoco di giusta indignazione morale contro il reintegro nella vita civile di un terrorista malato terminale di cancro (che si proclama innocente) è un campione del terrorismo, Sergio D'Elia. Un terrorista, pentito senz’altro, ma forse non deve essere lui il campione che nega redenzione al prossimo. Dovrebbe stare attento a considerare colpevole per sempre un altro, quando lui ha avuto per se stesso la riabilitazione e il seggio parlamentare... ». «Contro il reintegro nella vita civile di un terrorista malato terminale di cancro», «il campione che nega redenzione al prossimo», «considerare colpevole per sempre».
Ma dove ha letto Farina di miei simili giudizi? Ieri, in polemica con il ministro della difesa La Russa che giudicava irrisorio il costo economico della esibizione delle Frecce Tricolori a Tripoli, ho solo dichiarato, testualmente: «Il costo economico della esibizione in Libia delle Frecce Tricolori sarà forse ridicolo, ma il costo politico è sicuramente serio per il nostro Paese. Come si fa a partecipare alle celebrazioni di un colpo di Stato che ha instaurato una dittatura che dura da quarant’anni?».
Cosa c’entra la vicenda di Abdelbaset Ali al-Megrahi, condannato (forse ingiustamente) per il massacro di Lockerbie e scarcerato (giustamente) per motivi di salute? Considero quest'uomo non solo degno di attenzione per ragioni umanitarie, ma anche degno di un’eventuale riabilitazione per la semplice verità che l'uomo della pena può essere di fatto estraneo al delitto oppure diventare una persona molto diversa da quella del delitto. Questo è ciò che penso ed è esattamente il contrario di quello che mi attribuisce Farina. E mi dispiace, anche perché Farina è iscritto a «Nessuno tocchi Caino» e, insieme ai colleghi deputati Radicali, ha deciso di passare il recente Ferragosto in carcere, scegliendo peraltro di andare a visitare una sezione del 41 bis, cioè il buco più recondito e oscuro dell'inferno penale italiano. Lo voglio ringraziare per questo e per la bella corrispondenza che sulla visita ha fatto a Radio radicale. Cordiali saluti,
Sergio D'Elia
Segretario di «Nessuno
tocchi Caino»

Sergio D’Elia è molto generoso nel descrivere il mio lavoro con i detenuti, e lo ringrazio. Contraccambio. Egli dirige «Nessuno tocchi Caino» con passione competente, lo stimo e lo rispetto per questo. Ciascuno di noi, in ogni sua parola pubblica trascina con sé tutta la sua vita, il sacco pieno di cose belle o brutte, fatte o disfatte.

Condannare da parte sua Gheddafi per terrorismo e avversione ai diritti umani senza ricordare di essere stato terrorista e di essere tuttora abortista (questo - mi si scusi - è una mia ossessione) espone al fuoco della polemica. Siccome D’Elia per me non è Caino, l’ho toccato, come si dice nella scherma.

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