L’idea di Fini per gli statali: «Giuramento obbligatorio»

RomaTornare al giuramento dei lavoratori pubblici. Un po’ come quello di Ippocrate, che i medici prestano prima di iniziare la professione, solo che chi vince il concorso per un posto statale o di un ente pubblico dovrebbe farlo alla Repubblica e alla Costituzione. La proposta è arrivata ieri dal presidente della Camera Gianfranco Fini. «La difesa di atti simbolici come il giuramento serve a rafforzare la coscienza civile del paese e a riconoscere quella dignità cui i pubblici dipendenti hanno pieno diritto», ha detto alla presentazione del rapporto annuale dell’Inpdap a Montecitorio. Il giuramento dovrebbe essere anche un segnale di fiducia verso i dipendenti pubblici, «soprattutto ora che si è costretti a chiedere loro di sopportare il peso di nuove responsabilità derivanti da riforme strutturali, indubbiamente giuste e necessarie, ma che intervengono in un momento economico e sociale che, certo, non può considerarsi favorevole».
Fini si è chiesto se è stato «opportuno» abolire il rito del giuramento. E il riferimento è a quando la regolazione del lavoro pubblico è stata sottratta alla legge per diventare materia di contrattazione. I dipendenti pubblici diventarono lavoratori pubblici e il giuramento fu abolito.
Una proposta, quindi abbastanza in linea con la riforma Brunetta che tende a riportare il lavoro pubblico sotto la legge, sottraendo materie alla contrattazione. Ma che, paradossalmente, sono apprezzate anche dalla sinistra. Carlo Podda, segretario generale della Fb-Cgil non si sbilancia, ma spiega perché non gli sono dispiaciute le parole di Fini: «Sono politicamente significative». E il motivo è che sono state pronunciate proprio ora che «la Costituzione viene messa in discussione da più parti. Certo - propone il sindacalista - vorrei che i primi a giurare fossero i membri del governo». Le parole di Fini hanno anche un altro aspetto politico. Il giuramento alla Repubblica e alla Costituzione, ha spiegato il presidente dell’Aula di Montecitorio, «assume un positivo riferimento rispetto all’unità nazionale che non può essere oggetto di trattative e di discussioni». In sostanza gli statali non potrebbero tifare per la secessione, pulsione più radicale del leghismo.
Valutazione positiva della Cgil-Funzione pubblica anche al richiamo fatto da Fini affinché sia «ripristinata sistematicamente, senza alcuna eccezione, la regola del concorso pubblico».

Anche se Fini ha precisato che questa è una proposta in linea con la riforma Brunetta. E, a ben vedere, anche con la decisione del governo di bloccare la sanatoria dei precari pubblici, introdotta dal governo di centrosinistra.

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