Economia

L’imprenditore che imbottiglia la tecnologia

Lo stabilimento di Valle Stura è all’avanguardia in Europa con una automatizzazione pressoché totale. E in 24 ore l’acqua arriva sulla tavola

L’imprenditore che imbottiglia la tecnologia

Imbottigliare e vendere l’acqua minerale sembra la cosa più banale di questo mondo. O almeno, la cosa più banale qui da noi, in quanto è proprio nel Belpaese che le acque minerali hanno avuto un successo incredibile, relegando in secondo piano l’acqua dei rubinetti e creando da zero un mercato diventato con il tempo piuttosto affollato. Ci sono infatti le multinazionali con i loro grandi numeri e ci sono circa 350 tra marchi e aziende con il risultato che ogni provincia ha più di una etichetta d’acqua locale ben radicata nel territorio. La concorrenza è, insomma, molto forte tanto è vero che le prime dieci aziende fanno l’80% di tutto il volume. Ma l’aspetto curioso è che sono soprattutto i costruttori immobiliari ad essersi avventurati in questo business, lasciandoci spesso anche le penne. E l’aspetto ancora più curioso è che questo settore, all’'apparenza così banale in quanto la materia prima è del tutto naturale, richiede invece molta innovazione: nel packaging, nella comunicazione, nella logistica. «Altrimenti sei morto», commenta Alberto Bertone.
Le origini. Originario di Torino, classe 1966, laurea in scienze politiche con indirizzo economico e master in pianificazione del mercato immobiliare al Politecnico torinese, Bertone è il presidente e l’amministratore delegato delle Fonti di Vinadio, la società che ha la sede in provincia di Cuneo nel luogo in cui sorge il santuario di Sant’Anna, e le sorgenti a 1660 metri di altitudine nel cuore delle Alpi Marittime. E che in soli undici anni si è conquistata una larga fetta del mercato con il marchio che prende il nome dal santuario: l’acqua Sant’Anna ha infatti la leadership nel settore con una quota dell’11%, una crescita tra il 20% e il 30% in un mercato quasi fermo ed una produzione di sette milioni e mezzo di bottiglie al giorno. Lo stabilimento di Vinadio, in Valle Stura, è un gioiello hi-tech all’avanguardia in Europa con una automatizzazione pressoché totale e con dieci linee di imbottigliamento: una è la più grande al mondo in grado da sola di produrre 72mila bottiglie all’ora, mentre altre due sono appena entrate in funzione con un investimento di trenta milioni e con una capacità di altre centomila bottiglie, la metà nel formato da mezzo litro, l’altra metà nel formato quadrato da 1,5 litri.
Cifre quasi da capogiro. La capacità produttiva di Vinadio supera infatti le 310mila bottiglie all’ora, ottenute a ciclo continuo con 70 dipendenti e tre turni di lavoro che in estate raggiungono i quattro al giorno per sette giorni. L’azienda, nata appena nel 1996 e di proprietà di due famiglie, la Bertone e la Osella, è quindi diventata un modello studiato con curiosità dai colossi del beverage e premiato con una serie di riconoscimenti per le performance realizzate in poco tempo. Il fatturato è triplicato negli ultimi quattro anni arrivando a 120 milioni di euro con la previsione di raggiungere i 150 milioni alla fine del 2007, l’export incide meno del 5% (Svizzera, Francia, Spagna), ci sono 190 chilometri di tubazioni in acciaio inox che convogliano l’acqua dalle sorgenti allo stabilimento, sono quasi 600 milioni le bottiglie vendute, ogni giorno 240 autotreni partono da Vinadio carichi di acqua mentre, tre treni di quindici vagoni ciascuno portano le bottiglie nel centro-sud. In undici anni, commenta Bertone, «la Sant’Anna ha varcato i confini piemontesi e del Nord-Ovest per espandersi in tutta Italia. E vogliamo continuare a crescere».
Sportivo. È piuttosto baldanzoso questo Bertone. Del tipo: il rischio è il mio mestiere. Ed infatti, grazie anche ad un fisico da marcantonio, ha praticato il motocross prima di passare al fuoristrada, partecipando a 18 anni alla Parigi-Dakar come assistente tecnico, nel senso che pilotava la macchina di scorta, e correndo qualche rally nel Qatar. Ed è anche piuttosto grintoso: sulle orme del fratello Fabrizio, che ha due anni più di lui e che ha giocato come ala sinistra nella squadra giovanile della Juventus, anche lui ha indossato per otto anni la maglia bianconera nella stessa squadra giovanile ricoprendo, con il suo metro e 87 di altezza, il ruolo di terzino sinistro. Ma riconosce che il fratello, un architetto che si occupa di costruzioni edili in Liguria e Piemonte, nel calcio era «più bravo». E poiché è un grande appassionato di sport ma, chiarisce, «sport praticato e non guardato», Bertone fa anche immersioni, surf, pallavolo, tennis, sci. E gira il mondo, dall’Africa all’Asia, dall’America alle isole tropicali. Sembra, insomma, uno dei tanti figli di papà che pensano alla bella vita e a divertirsi. In realtà questo Bertone, che nasce in una famiglia dove i soldi circolano in quanto papà Giuseppe è tra i maggiori costruttori di case del capoluogo piemontese avendo realizzato, a partire dagli anni Cinquanta, la prima, la seconda, la terza cintura di Torino e avendo edificato quasi tutta Borgaretto, ha un carattere molto forte. E una buona dose di spirito di indipendenza. Così, all’inizio, quando ancora studia, affianca il padre nella progettazione e costruzione di case. Poi, una volta preso il master, lavora in una società americana di valutazioni immobiliari in quanto anche il padre ha un carattere forte e quindi è facile che ci sia tra i due qualche scintilla di troppo. Finché un giorno, di fronte alle tante insistenze paterne di tornare ad occuparsi degli affari di famiglia, il giovane Bertone gli dice: «O mi dai la possibilità di acquisire un’area edificabile per conto mio oppure resto dove sono». E papà Giuseppe, al quale i terreni non mancano, non fa una piega. Così Alberto Bertone diventa anche lui costruttore in proprio di case.
L’esordio. Giunge poi il momento della diversificazione. Il fratello Fabrizio entra nell’elettronica, Alberto nell’acqua minerale. E nel 1996, a trent’anni, mette in piedi le Fonti di Vinadio in modo da imbottigliare l’acqua Sant’Anna, le cui sorgenti sono di proprietà degli enti locali. Nella scelta delle sorgenti Bertone ha anche una discreta capacità che qualcuno preferisce invece chiamare fortuna, in quanto la qualità dell’acqua che sgorga a Vinadio in un territorio, chiarisce, «incontaminato», è nota fin dal Cinquecento per la sua bontà. Ed è un’acqua molto pura e leggera, con residui fissi tra i più bassi al mondo, e quindi consigliata con decreto ministeriale per la preparazione degli alimenti dei neonati e per i regimi alimentari poveri di sodio. Ma dove sta allora l’innovazione? In tutto il resto. Perché Bertone, muovendosi con coraggio anche controcorrente, riesce ad avere alti volumi in modo da soddisfare la grande distribuzione e a fare arrivare l’acqua in sole 24 ore dal luogo in cui sgorga sino alla tavola del consumatore sempre con le stesse caratteristiche organolettiche. Ed ecco allora il sistema di tubi che porta l’acqua sino a sette serbatoi d’acciaio da un milione di metri cubi; la continua innovazione tecnologica nello stabilimento di Vinadio; l’utilizzo di un packaging a volte rivoluzionario, dalla bottiglia di plastica con la parte alta a forma di boccia sino all’attuale bottiglia quadrata che oltretutto occupa nel trasporto anche il 20% in meno di spazio; il ricorso ad una logistica all’avanguardia grazie a una ventina di carrelli a guida laser prodotti da un’azienda di Reggio Emilia e in grado di muoversi in modo autonomo rispondendo agli ordini di un software centrale: spostano in lungo e in largo le bottiglie in magazzino e riescono anche a caricare i pallet sui camion, distinguendo tipologie di acqua, formati e quantità. Una ricerca continua affidata all’esterno ai singoli fornitori e poi applicata in azienda.
La pubblicità. In particolare Bertone, sposato e padre di un bimbo di tre anni di nome Filippo e la cui immagine compare nell’etichetta della Sant’Anna, è stato tra i primi ad utilizzare nella comunicazione l’opportunità della pubblicità comparativa. La pubblicità è quindi sul prodotto e non sui testimonial. Svolgendo in questo modo, spiega, «un ruolo didattico in quanto insegno al pubblico che le acque non sono tutte uguali e che è possibile bere in base alle proprie esigenze». Ed ora non solo Bertone sta ampliando lo stabilimento di 30mila metri quadrati, ma sta anche sperimentando la produzione di alcune migliaia di bottiglie d’acqua biodegradabili ottenute dal mais. Nel beverage è questo il primo e unico tentativo in Europa.


(150.Continua)

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