Domani sarà un giorno speciale per il Papa. Verranno da tutta Italia a manifestargli solidarietà dopo il fattaccio della Sapienza. Sarà un modo per rivendicare la libertà di parola per la Chiesa; un modo per reagire a un laicismo ormai più anticristiano che anticlericale. Ma soprattutto sarà un modo per abbracciare il Papa e dirgli: ti vogliamo bene.
Ed è forse questo laspetto più sorprendente. Chi immaginava che proprio uno come Ratzinger avrebbe mobilitato un popolo sulle corde del sentimento, dellemozione? Certo non i tanti analisti e giornalisti che allindomani dellelezione ipotizzavano un calo di visibilità e di popolarità; quelli che tracciavano un inevitabile confronto tra Wojtyla, Papa «mediatico» quantaltri mai, e il freddo intellettuale più a suo agio tra i libri che tra la gente.
Tutte ipotesi che i fatti hanno smentito. Già, i fatti. Sono i fatti i grandi nemici dei teorici che commentano il mondo a tavolino. È ormai parecchio tempo che i fatti parlano un linguaggio diverso. Con Papa Ratzinger, le presenze alle udienze del mercoledì e allAngelus della domenica sono addirittura aumentate; così comè aumentato anche il cosiddetto «obolo di San Pietro», che sono poi le offerte dei fedeli. E domani in piazza San Pietro ci sarà una folla che non era programmata; una folla che si raduna spontanea, senza neanche troppo preavviso, e senza loccasione di una ricorrenza, di una festa, di una beatificazione, di una qualsiasi celebrazione.
Sorprese, scherzi del destino comprensibili solo a chi la Chiesa non la pensa, non la commenta, ma la vive. Il credente scorge, nellimprevedibile successo di popolo di Ratzinger, una bella manifestazione di quella realtà misteriosa che è il sensus fidei: la fede della gente comune, così sfuggente e incomprensibile a chi ragiona sul cristianesimo con le categorie della politica o della sociologia. Alla faccia dei pregiudizi sparsi a piene mani da chi dipingeva Ratzinger come un burbero guardiano della più retriva ortodossia, il popolo avverte di trovarsi di fronte a un uomo buono, sincero, che dice sempre la verità, che non dispensa sentenze e condanne ma consigli; un uomo molto più portato a comprendere che non a giudicare.
«Dopo unora che parlavo con lui - ha detto Vittorio Messori ricordando i giorni trascorsi con Ratzinger per realizzare, allinizio degli anni Ottanta, il libro-intervista Rapporto sulla fede - mi venne voglia di posare il taccuino e di chiedergli di confessarmi. È luomo più mite e timido che conosca, non ho mai capito come possa essere stato trasformato da una certa vulgata in una sorta di panzer-cardinal».
Benedetto XVI fa saltare qualsiasi schema degli «esperti» di efficacia comunicativa. Timido lo è davvero: lo si vede da comè imbarazzato quando saluta allargando le braccia, da come poi le riunisce goffamente per stringersi le mani, da come è ancora rigido e impacciato perfino quando impartisce la benedizione. È un uomo che non fa nulla per tenere la scena; nulla per accattivarsi gli interlocutori, per strappare lapplauso facile. Non cede mai al politicamente corretto, non fa sconti allessenza della fede per inseguire la moda, se deve parlare di famiglia o di sessualità non cerca di fare il buonista, si guarda bene dalla strizzata docchio progressista. Eppure questo Papa, che in teoria avrebbe dovuto essere «di nicchia», una sorta di Pontefice dei soli tradizionalisti, ha risvegliato lorgoglio dei credenti e provocato lammirazione e la curiosità anche di tanti non credenti.
Ha avuto successo, insomma. Ma, proprio per queste sue caratteristiche, del successo Papa Ratzinger ha perfino timore. Uomo non solo timido, ma soprattutto realista, non insegue il mito ingannevole della Chiesa trionfante, sa che la vocazione dei cristiani è quella di essere minoranza, piccolo gregge, sale della terra.
Per questo lui domani vivrà una giornata di festa: ma non vuole che la festa si trasformi in una prova di forza. Non sta nei numeri, né nelle adunate oceaniche, la forza della Chiesa.
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